Crisi Corea del Nord, dalle Hawaii alla California parte la corsa ai rifugi antiatomici

Crisi Corea del Nord, dalle Hawaii alla California parte la corsa ai rifugi antiatomici
di Anna Guaita
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Mercoledì 9 Agosto 2017, 21:37
NEW YORK Da quando è caduto il Muro di Berlino, nel novembre del 1989, nessuno negli Stati Uniti si è curato di andare a controllare lo stato dei rifugi antiatomici. L'ultimo controllo risale al 1985. Ma oggi almeno due Stati americani stanno lavorando a rispolverarli e a renderli di nuovo agibili, mentre comuni cittadini sommergono di richieste i produttori di rifugi sotterranei privati. Come negli anni Cinquanta e Sessanta, la gente ha paura di un attacco nucleare, non più proveniente da Mosca, ma dalla Corea del Nord.

LA PAURA
La preoccupazione è diventata più palpabile quest'anno dopo gli undici lanci di missili da parte del regime di PyongYang, e la previsione che entro il 2020 Kim Jong-un possa davvero colpire la costa occidentale degli Usa. Le Hawaii, che non hanno mai dimenticato l'attacco giapponese di Pearl Harbour - un attacco per cui erano impreparati e che spinse poi gli Usa a entrare nella seconda guerra mondiale -, stanno muovendosi da vari mesi. Da qualche settimana anche la California ha preso dei provvedimenti, sull'onda dell'impressione causata da un video propagandistico nordcoreano che immagina l'attacco contro la costa Usa e la distruzione delle città fra le fiamme del fungo atomico.

I CORSI
Proprio il diffondersi su YouTube di questo video ha spinto varie contee della California a tenere dei corsi per informare la gente dei rischi e aiutarla a prepararsi per una simile possibilità. Se al Pentagono tocca rafforzare la difesa aerospaziale, ai sindaci e ai governatori tocca preparare la gente in modo che non cada preda del panico. Per tutti coloro che non muoiono subito, nella conflagrazione, infatti, c'è il rischio fortissimo di morire per le radiazioni. Ma è anche possibile salvarsi.

Robert Levin, presidente del Dipartimento Salute della Contea Ventura, a nord di Los Angeles, tiene corsi per gruppi di cittadini, scuole, associazioni: «Migliaia di vite possono essere salvate se nei minuti immediatamente dopo un attacco la gente cerca rifugio. Bisogna evitare di farsi ricoprire dal fall out radioattivo, che resta in aria per circa due settimane. Chi è stato più esposto, deve subito farsi una doccia, e disfarsi dei vestiti contaminati».

La stessa raccomandazione viene fatta dalla direttrice della Emergency Management Agency delle Hawaii, Vern Miyagi: «Insegniamo alla gente ad avere un piano per reagire. Evitare le strade e i luoghi aperti, trovare rifugio, possibilmente dentro una costruzione dalle mura spesse. Se possibile in una cantina, sennò nella parte più centrale della costruzione». Ma cresce il numero di legislatori che vuole riadattare i rifugi pubblici che una volta erano diffusi come i funghi: nei rifugi si trovavano una radio, acqua e servizi igienici. Riunire tanta gente in un unico rifugio era considerato un modo sicuro per permettere ai soccorsi di trovarli tutti in un posto e non dover andare di casa in casa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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