Colombia, il presidente Santos: la cocaina sparirà dal Paese

Santos
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 6 Settembre 2017, 09:24 - Ultimo aggiornamento: 20:17

Presidente Juan Manuel Santos il viaggio del Papa in Colombia coincide con un momento importante: dopo 53 anni di conflitto con le Farc, è stato avviato un percorso di pace. Al di là del simbolismo, la visita presenta aspetti politici?
«Non direi. Piuttosto la visita ha l'obiettivo di motivarci a proseguire sulla via della riconciliazione. Il motto che il Papa ha scelto lo dimostra (Facciamo il primo passo ndr). I colombiani devono vedere questo momento come una chiamata, una opportunità da non perdere per costruire una nuova storia basata sul rispetto della vita».

La Chiesa che ruolo ha giocato in questo processo?
«Penso alla richiesta che è stata fatta a superare l'odio e la violenza. Devo dire che è stata fondamentale. Ma il suo ruolo sarà basilare per l'attuazione dei piani di pace ora che è finito il conflitto».

Papa Bergoglio in questi quattro anni vi ha dato una mano?
«Ha sempre pregato per la pace. Più volte ci ha chiesto di non perdere questa occasione per porre fine al dolore e alla sofferenza dopo da tanti anni di conflitto. Ci ha inviato il segretario di Stato, Pietro Parolin, nel giorno della firma dell'accordo a Cartagena».

Quando il Papa era a Cuba, tre anni fa, arrivò la notizia della firma con le Farc...
«La firma dell'accordo sulla giustizia è stato senza dubbio uno dei momenti più importanti poiché abbiamo posto le basi per conoscere la verità, riparare le vittime e punire i responsabili dei crimini più gravi. Al centro dell'accordo c'è il rispetto dei diritti delle vittime».

A lei personalmente cosa ha detto il Papa?
«Sono rimasto sorpreso quando mi ha detto che ero il presidente per il quale aveva pregato di più di recente, per via dell'enorme responsabilità che avevo nelle mie mani. In tutti i nostri incontri mi ha chiesto di essere coraggioso e perseverare nel cercare la pace. Sono stato colpito dalla sua idea di Spirito di Incontro che non è altro che trovare un terreno comune in mezzo alle differenze».

Le Farc si stanno organizzando in un partito ma esistono ancora gruppi armati presenti. Come è la situazione in dettaglio?
«Oggi la Colombia è un Paese molto più sicuro. Il tasso di omicidi, rapimenti e attacchi contro le infrastrutture sono al minimo storico. Stiamo ancora lavorando per portare a termine i negoziati con l'Eln».

Ci sono problemi per la sicurezza del Papa?
«No, nessun pericolo».

A che punto è la lotta contro il narcotraffico e le piantagioni che sono servite alle Farc per comprare armi?
«Da un lato puntiamo alla sostituzione volontaria di colture illecite con un programma di supporto economico e tecnico, con il credito e l'assistenza ai contadini per avere un'alternativa legale, reale e sostenibile. Abbiamo già stipulato accordi con oltre 80mila famiglie. Dall'altro lato esiste un piano per l'eradicazione forzata. Più di 28 mila ettari di coca sono stati sradicati da quest'anno. L'obiettivo è raggiungere i 100 mila ettari in due anni».

I traffici di coca con l'Italia non sono mancati. Aumentano o diminuiscono?
«Il traffico rimane un problema globale. Finché c'è domanda in Europa e negli Usa, ci sarà offerta. La cooperazione, la co-responsabilità sono fondamentali. In Colombia siamo colpiti dalla criminalità organizzata che è il legame nella catena del traffico e che è anche il principale generatore della violenza e della corruzione. Nel 2016 abbiamo sequestrato 362 tonnellate di cocaina, un record storico. Alcuni giorni fa, il nostro esercito ha neutralizzato il numero due del Clan del Golfo, la più grande organizzazione del traffico di droga del Paese».

Quanto saranno importanti gli investimenti stranieri per stabilizzare la pace?
«Gli investimenti esteri sono molto importanti, opportunità di sviluppo per le regioni più colpite dal conflitto. La pace però rappresenta anche una grande opportunità per gli investitori stranieri: ora troveranno un ambiente sicuro e benefici fiscali per realizzare infrastrutture, investire in turismo, agroalimentare e progetti energetici».

Sono tanti gli investitori italiani?
«L'Italia è tra i 25 Paesi del mondo che investono di più. Negli ultimi sei anni tale investimento ha raggiunto i 277 milioni di dollari. Nella prima metà del 2017, erano 43 milioni di dollari. L'Italia è il sesto paese dell'Unione Europea con più attività in Colombia».

Guardando l'Europa, che impressione le fanno i flussi migratori che stanno causando problemi di accettazione agli europei?
«È una sfida difficile per le società europee, anche perché ci sono politici che per vincere le elezioni si appellano alla paura e all'odio.

Ma sono sicuro che alla fine saranno imposti la fraternità, il rispetto e il pluralismo, valori che rappresentano il vero spirito europeo».

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