Gentiloni: Roma ha bisogno del futuro, non possiamo rassegnarci al declino

Gentiloni: Roma ha bisogno del futuro, non possiamo rassegnarci al declino
di Mario Ajello
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Martedì 3 Ottobre 2017, 08:10
Cuociono le braciole e dicono: «Che classe!». Spillano il vino e esclamano: «Quant'è simpatico!». C'è Paolo Gentiloni alla festa dell'Unità di Roma. Passeggia, va curiosando negli stand, e il suo modo di fare, semplice, viene apprezzato da questo spicchio di popolo sinistra. Qualcuno si lancia in un paragone improbabile: «Ao, Gentiloni me ricorda Berlinguer». Ma viene subito corretto: «Macché, questo non è mica commmunista». E abbassando la voce, quasi preso da vergogna: «Commmunista come noi...».

Il premier alla festa al Testaccio a un certo punto prova a prendere in cucina una patatina da un recipiente. Sembra fritta. Ma non lo è. Lo bloccano in extremis: «Fermooo, è crudaaaa». Gli si avvicina una volontaria, Loredana, di Tor Bella Monaca, piacente dem «orgogliosamente di periferia». E gli dice: Presidente, mi raccomando con la legge di bilancio. Dovete pensare soprattutto ai giovani, dovete dare di più ai giovani». Gentiloni: «Hai ragionissima». «E poi, presidente, un'altra cosa», incalza Loredana raggiunta da Giovanni e da altri compagni: «Non litigate con Bersani e neppure con Pisapia. Sono brave persone. La finanziaria va fatta insieme a loro». E il premier: «Ma certo, ne sono convinto». E Loredana: «Ognuno fa le sue scelte, ma la sinistra deve stare con la sinistra».

SELFIE A GO GO
Sembra convinto anche di questo Gentiloni. Il quale, bersagliato dai selfie, a un certo punto canticchia spiritosamente: «Siamo l'esercito del selfie...». Poi va sotto al palco, dove sta per cominciare un dibattito con Delrio e il sindaco Nardella. Quest'ultimo gli fa: «Paolo, benvenuto a Firenze!». E Gentiloni, giocando con la c alla fiorentina: «E la oaola co la annuccia?». «Giachetti, non c'è?», grida poi Gentiloni. E una voce da lontano: «A Paolo, e come posso mancare!?». Così Giachetti. E gli altri del Pd romano, anche loro ad accoglierlo: la Bonaccorsi, Casu, Nobili. Ed ex assessori rutelliani, da Cecchini a Tocci.

LE POSSIBILITÀ
Ora parla di Roma il premier, una città in cui - ammette - «anche noi abbiamo fatto errori». E ora? «Siamo al Testaccio», dice Gentiloni, «e sappiamo che sui cocci si possono creare delle meraviglie. Oggi Roma è una distesa di cocci ma su questi cocci si può costruire un futuro. Oggi la situazione di Roma è di difficoltà, le nostre responsabilità ci sono state ma dobbiamo lavorare in maniera positiva, senza lagnarsi. Io sono fiducioso nel futuro della città, e i romani possono contare sul governo. D'altra parte la città ha al suo interno le energie per riprendersi e tornare ad essere una grande capitale. Non possiamo rassegnarci al declino».

Gentiloni aveva detto, in estate, che sarebbe andato solo alla festa nazionale dell'Unità. E invece, proprio per sottolineare la vicinanza del governo a Roma, è anche qui. E la gente: «Presidente, continua così». Ma poi lui dirà: «Ho ancora pochi mesi di lavoro». E chissà se ci crede davvero.

I DEMOCRAT
Renzi non lo nomina nessuno, e tantomeno lui. Ma del Pd ci tiene a parlare Paolo il Calmo, qui in versione abbastanza pop, come si usa alle feste dell'Unità. Del Pd parla così: «La prossima settimana il nostro partito compie dieci anni. È relativamente giovane, ha i suoi problemi ma è la principale forza di centrosinistra in Europa. Ciò significa che facemmo una scelta giusta a fondare questo partito ampio. Che ha allargato il campo del centrosinistra, senza smarrire le radici e senza tradire l'identità. Dobbiamo continuare così». Applausi. Abbracci.
Sembra piacere al popolo di sinistra il modello di leadership incarnato da Gentiloni.

Quello tendente alla mitezza, all'assenza di una visione titanica e troppo competitiva del comando. Ci sono vari biliardini alla festa, ma niente: lui li guarda e passa, Renzi si sarebbe fermato a giocare per vincere. Ma qui nessuno propone il derby: meglio Paolo o Matteo? Tifano tutti per la coabitazione, e una signora al banchetto dei libri se la cava così: «Uno è Venere e l'altro è Marte. Che coppia!». E chissà se, e come, cambierà questa coppia, dopo le elezioni. Per ora, avanti con le salsicce.
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