Raggi da Calenda scintille su Roma
ma il Tavolo per la città parte

Raggi da Calenda scintille su Roma ma il Tavolo per la città parte
di Simone Canettieri
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Venerdì 6 Ottobre 2017, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 10:33

Ci sono un «tu» e un «lei», un prima e dopo assai diversi. Allora, fuori dal ministero, a favor di telecamere, Virginia Raggi in 40 secondi di dichiarazione dice che «con il ministro Calenda ci siamo chiariti», che i «tecnici lavoreranno insieme». In mattinata, d’altronde, aveva anche sottolineato: «Le polemiche non interessano ai romani perché il tavolo è un’opportunità». Bene, questa è la versione ufficiale. Nelle segrete stanze del Mise, che si affacciano su via Veneto, la vita non è dolce tra la sindaca e il ministro. Anzi. I trenta minuti di «disgelo» tra Calenda e la delegazione Campidoglio (sindaca, assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, direttore generale Franco Giampaoletti, delegato al Personale Antonio De Santis e vicecapo di gabinetto Gabriella Acerbi) sono un surreale botta e risposta che non produce nulla, o quasi.

IL GELO
«Ma avete con voi un documento di Fabbrica Roma, la vostra proposta?», chiederà alla fine il ministro alla grillina. «Sinceramente no, glielo faremo avere la settimana prossima». «Ma non ti sei portata nemmeno una scheda?». «No, come le ho detto, le faremo avere le nostre proposte mercoledì». Nota a margine: Calenda dà del «tu» alla sindaca per creare empatia e spirito di squadra fa così anche con Chiara Appendino, la grillina risponde sempre con il «lei». E ci tiene a ribadirlo: mi dia del lei.
C’è un’altra curiosità marginale ma rivelatrice: di solito in questi lunghi tavoli, i principali protagonisti sono seduti a fianco. Questa volta no. Raggi decide di posizionarsi a capotavola davanti al ministro un po’ alla D’Alema («Capotavola è dove mi siedo io»).

Il faccia a faccia, arrivato dopo l’ultimatum del titolare dello Sviluppo economico, parte così. Esordisce l’inquilina del Campidoglio: «Ministro, sono molto seccata dalle sue dichiarazioni: chiedere più poteri per la città non è ridicolo». Risposta: «Sindaca, ti ribadisco il concetto: ridicola era la situazione, sconclusionate le tue lettere. Non mi era mai capitato di aspettare tre settimane la risposta di un’istituzione invitata a un tavolo». L’equivoco va avanti. Raggi chiede che al tavolo per il rilancio della Capitale siano presenti altri attori istituzionali: «Come il premier Paolo Gentiloni ed altri ministri». Qui la discussione prende una piega particolare, il ministro si sente di non essere stato ancora compreso. Fissa con il dito il perimetro della faccenda. E scandisce: «Qui non si parla di poteri speciali, ma di sviluppo economico e piano industriale per Roma». La sindaca non molla e rilancia sulle «energie rinnovabili», spiegando che fanno parte del programma del M5S e bisogna puntare su queste.

IL SALUTO 
In questo botta e risposta tra i due estremi del tavolo, che si danno del tu e del lei e sembrano parlare due lingue diverse, arriva l’avviso del ministro: «Sindaca, se pensi che questo tavolo non sia necessario fai ancora in tempo a sfilarti». Solo a questo punto si cerca di abbassare nuovamente i toni. E si prova a entrare nel merito. Finora Regione e associazioni di categoria hanno già presentato dei piani che poi verranno portati a sintesi dal Mise il 17 ottobre, esordio ufficiale della cabina di regia. Il Campidoglio, si sa, punta sul modello Fabbrica Roma. «Avete una scheda con voi?». «No». Prima dello sciogliete le righe, Calenda chiede che una parte della delegazione rimanga. Raggi: «No, ritorneranno lunedì e mercoledì in vista dell’appuntamento del 17». Saluti distintissimi. La grillina esce e dichiara: «Ci siamo chiariti». Via Veneto non mai stata così in salita. 

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