Gran Sasso, il giallo dell'esperimento radioattivo

Gran Sasso, il giallo dell'esperimento radioattivo
di Stefano Dascoli
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Mercoledì 11 Ottobre 2017, 11:09
Ci vorranno almeno sei mesi prima che, eventualmente, nel laboratorio sotterraneo di fisica nucleare del Gran Sasso (L'Aquila) arriverà una potente sorgente radioattiva proveniente da un combustibile di un reattore russo. Lo assicura il direttore dei laboratori, il professor Stefano Ragazzi, alla luce dell’allarme – con annesso esposto alla Procura – lanciato dalla Soa Onlus, la stazione ornitologica abruzzese che fa parte del cartello dei movimenti a difesa dell’acqua. Al momento, come spiega Ragazzi, si è nella fase di preparazione dell’esperimento Sox, una ricerca sui neutrini parallela a quella che si sta preparando negli Stati Uniti; nei programmi la sorgente radioattiva da 100/150 mila curie sarà incapsulata nel più grande contenitore di tungsteno mai prodotto, in Cina, da 19 centrimetri di spessore, per schermare le radiazioni gamma. L'attività radioattiva della sorgente è pari a circa un quarto del cesio 137 radioattivo emesso nell'oceano da Fukushima, come riporta il rapporto tecnico della Iaea sull'incidente. Il trasporto della sorgente prodotta a partire dal combustibile, avverrà dal sito nucleare di Mayak, tristemente nota per essere la città dove nel 1957 avvenne un grave incidente, attraverso la Francia in un contenitore fornito dalla Areva, colosso transalpino del nucleare. È tale la complessità dell'esperimento che nei prossimi giorni avverrà una prova del trasporto dalla Francia ai laboratori abruzzesi.

«Si tratta di prove di movimentazione – spiega Ragazzi – che facciamo in ottemperanza a una prescrizione dell’Ispra nell’ambito di un’autorizzazione ministeriale con parere favorevole dell’Ambiente, della Salute, dell’Interno, del Lavoro. Ispra nell’ambito di questa autorizzazione ci ha prescritto di fare i test in recipienti come se contenessero materiale radioattivo. Un “test in bianco”, però, ovvero senza materiale». Quanto al progetto “Sox”, Ragazzi sostiene che «può essere la fase successiva»: «In questo momento stiamo solo ottemperando a una prescrizione del processo autorizzativo finalizzata a questo esperimento. Ma non vuol dire che si faccia oggi o domani. Se arriverà, la sorgente arriverà dalla Francia, con una certificazione europea. E’ eventualmente un passo successivo, non è detto che si arrivi a questa fase. Dipenderà da tutta una serie di considerazione tra cui entreranno anche questi test». In ogni caso Ragazzi esclude che possano esserci rischi: «Ogni volta che si fa movimentazione di materiale radioattivo, indipendentemente dalle quantità, ci sono dei protocolli obbligatori che vengono messi in atto attraverso società e personali specializzati. Il rischio di contaminazione ambientale è escluso». Ragazzi dice che la sorgente «sarebbe eventualmente piccolissima, non stiamo parlando di materiale che si disperde e comunque, ripeto, in questo momento non stiamo ricevendo nulla». In ogni caso, dovendo stilare un cronoprogramma dell’operazione, il direttore sostiene che «ci vorrebbero almeno sei mesi» prima di un eventuale trasporto.

«Siamo fortemente preoccupati perché il Gran Sasso, che è parco nazionale e ad alto rischio sismico, è la fonte di acqua per 700.000 cittadini. Il decreto legislativo 152/2006 vieta di stoccare sostanze radioattive nelle vicinanze dei punti di captazione degli acquedotti di Teramo e L'Aquila che sono praticamente a contatto con i Laboratori, classificati già ora come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante e oggetto nel passato, anche recente, di fuoriuscite di sostanze non radioattive ma tossiche come il trimetilbenzene», ha dichiarato Augusto De Sanctis, del Forum H2O.
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