Mafia, il Consiglio di stato: «In 20 anni sciolti 300 comuni»

Il presidente del Consiglio di stato Alessandro Pajno
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Martedì 14 Novembre 2017, 22:07
«Dal 1991», quando fu introdotta la legge, «al 2014 sono stati sciolti per mafia quasi 300 Comuni, con aumento del 380% nel 2012, e del 220% nel 2013. Questo è indicativo della preoccupazione per il fenomeno, con l'espansione di alcune consorterie criminali nel Nord Italia». Il trend è stato sottolineato dal presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, in un'audizione oggi alla Commissione Antimafia. Pajno ha anche evidenziato come i provvedimenti resistano poi al giudizio del giudice amministrativo: «la percentuale di annullamento da parte del Consiglio di Stato è bassa, intorno al 10%», poiché lo scioglimento avviene su base di un provvedimento dotato di «ragionevolezza», di carattere sia cautelare e che preventivo.

Preoccupa, secondo Pajno, «l'infiltrazione delle associazioni mafiose nella vita pubblica locale, che si fa più pervasiva con fenomeni ormai diffusi di illegalità, di corruttela e favoritismi nelle amministrazioni locali», «ma anche per l'espansione e il radicamento di alcune consorterie malavitose, in particolar modo la 'ndrangheta, in molte Regioni settentrionali». E ha rimarcato l'efficacia dell'«effetto interdittivo» dello scioglimento del Comune: la «funzione inibitoria» tipica dell'intervento cautelare del Governo nella vita politica e amministrativa dell'ente, «giustifica la previsione di tale potere eccezionale, nell'ambito del nostro ordinamento, e la sua compatibilità con i principŒ costituzionali». «La procedura - ha aggiunto - pur nella sua complessità, si connota per una particolare speditezza e riservatezza, giustificate dalla delicatezza degli interessi coinvolti e degli accertamenti richiesti», la rapidità è assicurata anche dal «rito abbreviato» davanti al giudice amministrativo. Ha spiegato come ormai la giurisprudenza del Consiglio di Stato abbia codificato una serie di situazioni e comportamenti per «valutare la concreta permeabilità degli organi elettivi a logiche e condizionamenti mafiosi».

In questo senso, assumono rilievo «frequentazioni, rapporti di amicizia o di affari, legami familiari o vincoli sentimentali, accordi preelettorali, cointeressenze economiche del più vario genere, vicende amministrative», tali da rendere «plausibile» già la sola «ipotesi» di «una soggezione o di una pericolosa contiguità degli amministratori locali alla criminalità organizzata».
Questo, in ragione della funzione "cautelare" dello scioglimento, valido «anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione». Il presidente del Consiglio di Stato non ha, pertanto, suggerito interventi legislativi ulteriori, ha anzi messo in guardia da «un pericolo di inflazione legislativa: l'eccesso rende più oscuro il quadro generale».
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