Poveri millennials che non vivranno le “notti magiche”

Poveri millennials che non vivranno le “notti magiche”
di Mario Ajello
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Mercoledì 15 Novembre 2017, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 00:07
Per le altre generazioni, è stato un diritto acquisito e inalienabile quello dell’Italia che partecipa ai mondiali. E ognuno ha il suo feticcio da venerare: chi Mexico ‘70, chi Argentina ‘78, chi Spagna ‘82 e chi tutti quanti fino al trionfo nel 2006 e oltre. E Italia-Germania 4 a 3? Gioia e tanta retorica e la retorica allappa.

Ma per loro, per la generazione dei millennials, per chi ad esempio è nato nel 2006 e avrà 12 anni nel 2018, i mondiali di Russia saranno i mondiali senza l’Italia. E quelli preceduti dalle lacrime di Buffon con l’augurio al suo successore, Donnarumma, di non impantanarsi mai come hanno fatto l’altra sera gli azzurri con la Svezia. Qualcuno di loro magari da piccino ha visto l’Italia uscire al primo turno in Sudafrica e in Brasile (sei partite in tutto) ma per la maggior parte di questi ragazzi i mondiali cominceranno ad esistere a prescindere dall’Italia.

Sarà uno choc? O chissene perché bastano la Wii e la Playstation? Di sicuro il privilegio delle notti magiche non potranno provarlo. E neppure il piacere di una serata con il nonno, che potrebbe spiegare loro davanti al video la differenza tra Mazzola-Rivera e Gabbiadini-Eder. E invece, no: questo per i millennials sarà il mondiale degli altri. E magari una buona occasione per diventare ancora più global di quanto già lo siano automaticamente, ma anche un’occasione sfortunata perché non consente di conoscere da piccoli che cosa sono il patriottismo da pallone (parte non ignobile del patriottismo tout court), la folla e la follia tricolore, la gioia di scoprirsi comunità in un momento particolare e questi momenti sono sempre più rari. 

Si può crescere, dal punto di vista comportamentale e culturale, partecipando al grande festival nazional-popolare dell’Italia che gareggia con le altre squadre del mondo. Ma anche senza l’Italia, non è detto che sia un dramma. Si può ragionare fin da piccoli - e ancora di più ciò può valere per chi la prossima primavera avrà 16 o 18 anni - sul perché gli azzurri non ci sono, e si scoprirebbero cose non belle sulla mancanza di strategie del calcio italiano a livello sia tecnico sia politico generale e sulla mancata innovazione e la super-improvvisazione (Ventura le incarna entrambe) che non portano risultati né nel calcio né in nient’altro. Insomma, niente drammi: però senza Italia in Russia i millennials certamente saranno vittime di una cesura generazionale rispetto a chi li ha preceduti e di una sorta di spaesamento che altri non hanno patito. 

MAMELI
Perché l’Italia fuori dai mondiali è come Natale senza panettone, come Ferragosto senza grigliata, come San Lorenzo senza stelle cadenti, come Capodanno senza botti, come l’Epifania senza la calza e Pasqua senza cioccolato. Sarà un rito di passaggio per gli adolescenti e i post-adolescenti questa strana estate senza i nostri undici in campo: segnerà la scoperta, per gli italiani più giovani, che l’Italia non è ammessa al gran torneo per diritto di divino. O se lo merita o fuori. Le generazioni precedenti non si ponevano il dubbio dell’inadeguatezza calcistica di quella che si è sempre ritenuta la patria del pallone. E i millennials si sentiranno più orfani (dell’Italia) o figli adottivi di un’altra squadra che sceglieranno di sostenere? O guferanno contro la Svezia, dal primo minuto, insieme ai fratelli più grandi e al resto della famiglia? 

La generazione senza mondiale sarà dunque una generazione pilota e troverà il modo di divertirsi lo stesso. Non ascolteranno l’Inno di Mameli, ma tanto c’è Rovazzi. 
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