Berlusconi: «Modello Sicilia per vincere. Spero Strasburgo decida prima del voto»

Berlusconi: «Modello Sicilia per vincere. Spero Strasburgo decida prima del voto»
di Marco Conti
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Mercoledì 15 Novembre 2017, 00:46 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 08:26
«Io amo l’Italia, amo la nostra immagine, amo il calcio. L’altra sera, come milioni di altri italiani mi sono sentito davvero male. Molto male». Basito, e ancora un bel po’ sotto shock Silvio Berlusconi non ha molta voglia di parlare della mancata qualificazione della Nazionale di calcio ai Mondiali. A suo tempo qualche suo suggerimento ad allenatori e presidenti creò più di una polemica, ma stavolta l’unico sentimento è quello della «delusione» condiviso con milioni di italiani.

Presidente, parliamo allora della vittoria in Sicilia ottenuta anche grazie al risultato di FI. Questo cambia qualcosa nei rapporti interni alla coalizione?
«La questione non va affrontata in questo modo, a mio parere. Quello che conta sono i rapporti di forza fra le coalizioni, non all’interno della coalizione. A differenza della sinistra, noi con le altre forze del centro-destra siamo alleati, non concorrenti. Abbiamo l’obbiettivo comune di vincere, per far ripartire l’Italia, siamo concentrati su questo, il resto è del tutto secondario. Certamente, il centro-destra che ha vinto in Sicilia ha dimostrato che un buon candidato vince quando è sostenuto la una coalizione larga e plurale, nella quale ha un ruolo trainante, sul piano dei numeri e delle idee, la cultura politica del Partito Popolare europeo, che noi orgogliosamente rappresentiamo in Italia, quindi i cattolici, i liberali, i moderati».

Gli ultimi episodi di violenza ad Ostia possono cambiare l’esito del ballottaggio di domenica?
«Parliamo di un episodio inaccettabile, grave e deplorevole. Francamente è però non solo eccessivo, ma chiaramente strumentale, dipingere Ostia come una terra di mafie e di malavita. La stragrande maggioranza dei residenti ad Ostia sono persone perbene, che domenica voteranno serenamente confrontando le idee e i programmi di due candidati. Io spero che gli elettori diano un giudizio severo sull’operato dei Cinque Stelle e sul disastroso governo di Roma, premiando la concretezza e il realismo delle idee e del programma di Monica Picca».

E’ vero che nel Lazio spetta a FI indicare il candidato da condividere poi con gli alleati?
«Non credo che la questione vada posta in questi termini. Il Lazio ha bisogno di un governatore di alto profilo, capace di vincere ma soprattutto di ben governare per cinque anni una regione fra le più importanti d’Italia. Guidare il Lazio è un compito molto difficile, dopo i cinque anni di immobilismo della Giunta Zingaretti. Occorrono esperienza, autorevolezza, capacità manageriali e di relazione. Forza Italia in Lazio è la prima forza politica del centro-destra ed è quindi in grado di esprimere molte figure con queste caratteristiche. Come avviene in tutta Italia, sceglieremo con i nostri alleati il miglior candidato per i cittadini della regione».

Pirozzi non vi piace perché troppo populista?
«Non posso dare un giudizio sul sindaco Pirozzi: non conosco lui e non conosco i suoi programmi».

Riuscirete a presentarvi alle elezioni con un programma comune del centrodestra?
«Naturalmente sì. Sulle cose fondamentali siamo d’accordo da molto tempo, altrimenti non avrebbe senso essere alleati. Nella lotta contro l’oppressione fiscale, l’oppressione burocratica, l’oppressione giudiziaria siamo pienamente d’accordo. Concordiamo sul fatto che l’Europa per avere un futuro deve cambiare profondamente. Consideriamo il contrasto all’immigrazione clandestina, e la tutela della sicurezza degli Italiani una priorità assoluta. Come è naturale, poi, ogni forza politica declinerà questi contenuti secondo il proprio linguaggio e le proprie sensibilità».

Europa e moneta unica, alla Lega piacciono poco, come pensa di poter convincere coloro che temono un centrodestra a trazione leghista? 
«La Lega è una forza di governo con la quale amministriamo grandi regioni e grandi città. Ha toni diversi dai nostri, ma una cultura di governo responsabile, e quindi è consapevole del fatto che uscire dall’Europa o dal sistema Euro sarebbe disastrosa per il nostro Paese. A differenza del Regno Unito, anche se lo volessimo, non potremmo permettercelo. Non ce lo consentono le condizioni della nostra economia e del nostro debito pubblico. Il nostro prossimo governo di centro-destra sarà certamente capace di contare in Europa per difendere gli interessi italiani e per cambiare profondamente la costruzione europea. Vogliamo che l’Italia sia protagonista di un’Europa dei popoli, basata su valori condivisi, e capace di una politica estera e di difesa comune. Su questi traguardi non c’è nessun problema di accordo con la Lega».

Quale sarà il criterio per la scelta delle candidature di FI?
«I candidati di Forza Italia saranno figure di assoluta credibilità personale e professionale prima che politica. Ricandideremo gli uscenti che hanno ben meritato e che desiderano ricandidarsi, ma al loro fianco candideremo dei protagonisti dell’impresa, delle professioni, della cultura, del volontariato, che avendo raggiunto il successo nel loro settore meritino l’apprezzamento e la stima di tutti».

Lei esclude le larghe intese convinto della vittoria del centrodestra. Se così non fosse e un risultato di parità costringesse forze politiche alla convergenza, quale partito ritiene sin da ora incompatibile con FI?
«Non sarà così. Sono assolutamente certo della nostra affermazione. E’ un problema quindi che non considero neppure».

Il centrosinistra diviso avvantaggia voi o il M5S?
«Il centro-sinistra diviso rappresenta il fallimento del progetto sul quale è nato il PD, e riflette la crisi dei partiti di sinistra in tutta Europa. La sinistra non ha ricette per la modernità, vive delle vecchie logiche stataliste, burocratiche e assistenziali già fallite nel secolo scorso. Il futuro è nelle nostre idee liberali, nella concretezza dei nostri programmi, nella nostra esperienza, nella nostra competenza, nella nostra capacità di realizzare i nostri programmi».

Votare a marzo o maggio?
«Ho già avuto modo di rispondere a questa domanda. E’ il Capo dello Stato che deve prendere una decisione al riguardo».

Il 22 Strasburgo decide sull’applicazione retroattiva della legge Severino sul suo caso. E’ ottimista o teme un nuovo rinvio? 
«Io non faccio previsioni. Mi limito ad osservare che sarebbe davvero clamoroso se non mi venisse resa giustizia in tempo per le elezioni politiche. Non è in discussione soltanto la condizione di un cittadino che chiede di veder ripristinata la sua onorabilità, è in gioco la democrazia di un grande Paese fondatore dell’Europa. Mi auguro che i giudici di Strasburgo tengano conto anche di questo nello stabilire i tempi della sentenza. In ogni caso, candidato o no, sarò in campo con tutta la mia passione, da punta, da regista o da allenatore».

Lei a suo tempo contribuì alla nomina di Visco a Bankitalia. Fosse toccato a Lei decidere lo avrebbe riproposto?
«Sette anni fa ho combattuto una vera e propria battaglia per ottenere la nomina del dottor Visco a governatore della Banca d’Italia. Da allora non l’ho mai incontrato e neppure mai sentito al telefono. Per me, per noi l’autonomia della Banca D’Italia è una cosa importante».

Sulle banche in crisi più errori o più negligenze?
«Alcuni singoli banchieri hanno certamente commesso degli errori che hanno penalizzato molti risparmiatori e a questo proposito ci possono essere delle responsabilità personali. Però stiamo attenti alle generalizzazioni, il sistema bancario nel suo complesso ha svolto la sua funzione, che è quella di finanziare il sistema delle imprese, accollandosi per questo anche dei rischi. Accusare le banche in generale, o prendersela con la Banca d’Italia o la Consob, serve solo ad alimentare la confusione e coprire le vere responsabilità, che sono sempre, ripeto, personali. Politicizzare la questione è un grave errore, e non ha nulla a che fare con la doverosa tutela dei risparmiatori. Per noi la priorità è solo questa. Profittare di questa crisi per attaccare un partito o un’istituzione significa mancare di rispetto alle vittime delle crisi bancarie. Adesso però è importante che le banche rendano sempre più agevole l’accesso al credito, alle imprese artigiane, ai commercianti, agli agricoltori e ai liberi professionisti perché possano creare crescita, sviluppo e nuovi posti di lavoro».

La legge di Bilancio è in Parlamento. Cos’è che non le piace e cosa avrebbe fatto?
«Avrei voluto una legge di bilancio che segnasse un vero cambiamento: veri tagli alle tasse, sulle persone e sulle imprese, vere riduzioni alla spesa pubblica, vero sostegno a chi è rimasto indietro, ai 15 milioni di italiani che sono nella povertà assoluta o relativa, ai pensionati che devono sopravvivere con poche centinata di euro al mese, dopo una vita di lavoro. Nella manovra economica non ce traccia di tutto questo. Ma cos’altro ci si poteva aspettare da un governo di sinistra, il quarto consecutivo non scelto dagli italiani? Per fortuna siamo agli ultimi passaggi prima di ridare la parola agli elettori».
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