La città sotto scacco/Roma, quando i privilegi del passato vengono spacciati per diritti

di Paolo Graldi
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Giovedì 7 Dicembre 2017, 00:05
Roma, centro storico nel caos, protesta dei bus turistici, traffico paralizzato. Questa è l’istantanea di una città presa d’assedio, espropriata dei suoi diritti, costretta a trasformarsi in ostaggio.

L’approvazione del nuovo regolamento sui flussi dei bus in giunta capitolina, in attesa di quello definitivo del consiglio comunale, ha scatenato la protesta della lobby dei pullman: il nuovo regolamento che aumenta e adegua (sia pure con molte limature al ribasso rispetto al piano originale) le tariffe e le modalità di circolazione nelle aree del centro storico e archeologico ha scatenato l’ira della categoria e, pronta cassa, ecco che i romani pagano e soffrono un’altra giornata nera. 

Il braccio di ferro tra l’assessore Linda Meleo e i proprietari dei bus vedrà altri momenti ad alta tensione, a cominciare da domani: messa in campo la minaccia di circondare il Campidoglio con i mastodonti, promessa di ammanettarsi sulle scalinate con tanto di minacce per rendere inaccessibile la zona. 
Siamo qui al di là di ogni dialettica sindacale, sia pure nel confronto aspro e serrato delle posizioni contrapposte, siamo al delirio di onnipotenza, del ricatto, entriamo in quella palude di sregolatezza che su queste colonne abbiamo chiamato il “dirittismo”. 

Il dirittismo si manifesta con la presunzione di poter dettare la propria legge contro la legge delle istituzioni. Si basa sul concetto che ciò che è stato e faceva comodo è anche immutabile, che i privilegi acquisiti negli anni e in circostanze assai diverse, debbono diventare marmo, intoccabili, immutabili, permanenti. 
Forti di questa logica del “qui comandiamo noi” gli autisti che portano in giro i turisti hanno risposto con il blocco sostanziale del traffico alla presentazione del nuovo regolamento. Il quale disegna, con parecchie timidezze rispetto al piano originario, una nuova strategia in grado di adeguare le ridicole tariffe applicate fin ad ora insieme con una ridefinizione delle aree di sosta, curando i divieti in particolare, per quelle zone assediate dai pullman. 
Insomma, una rete ripensata e capace di limitare l’invasione selvaggia di questi mezzi. Altrove, si potrebbe dire quasi dappertutto, il confronto tra la Giunta Raggi e le categorie, aziende che si considerano intoccabili e impermeabili a qualsiasi variazione dei loro progetti, si sarebbe chiuso con un accordo. La necessità di cambiare rotta è evidente, plastica. A Roma no, il “dirittismo” scandisce l’ennesima stagione di battaglie nelle strade della capitale. 

L’idea di paralizzare il cuore delle città ha numerosi precedenti, si va dall’invasione dei trattori per la guerra delle quote latte al “fermo taxi”, alla protesta dei Tir sulle autostrade, per non dire delle controversie sindacali come quella Alitalia, con una parte del personale che sconfessava gli accordi tra azienda e sindacati nella speranza di congelare per sempre la stagione dei privilegi, a dispetto delle mutate condizioni del mercato. 

E’ di tutta evidenza che il blocco del traffico non può essere accettato come metodo di lotta, è impensabile che la città sia presa in scacco da una categoria che pure può legittimamente esercitare nei luoghi deputati i propri diritti a discutere e a reagire alle scelte della politica, magari ricorrendo alle autorità regolatrici, magistratura inclusa. 
Il ricatto concepito come “qui si fa come diciamo noi”, che pure ha vistosi e gravi precedenti nel passato anche recente, va rigettato nel nome di una legalità alla quale è impossibile sottrarsi. 
Ma c’è di più. C’è la constatazione che la urgente necessità della Capitale di ripensare dalle fondamenta le regole dell’accoglienza turistica va a sbattere, invariabilmente, contro il “muro dei no“ che fissa nei privilegi del passato un punto invalicabile. 

La città, secondo questo stralunato schema di convivenza, si è via via degradata trasformando, per esempio, alcune zone del centro storico in suk a cielo aperto, dove viene esibita e venduta merce contraffatta, illegale, mostrando al mondo una inquietante incapacità di fissare e imporre regole rispettate, senza eccezioni, scorciatoie, familismi, intrecci opachi tra segmenti della politica e lobby ricche e potenti. 

La querelle sulla festa della Befana, sul regolamento per gli ambulanti che occupano piazza Navona, gli attacchi all’assessore Meloni che intende portare ordine ma che rischia il posto, (dimissionario o dimissionato?) rappresenta un altro esempio di “dirittismo” selvaggio, dove Roma mostra il fianco a debolezze incancrenite ma da estirpare. 
Il braccio di ferro, se dev’esserci, deve adattarsi alle regole, porsi con decisione nella linea del rispetto dei bisogni e dei diritti dei cittadini. Di tutti i cittadini e non solo di quelli che, di volta in volta, prendono la città in ostaggio e pretendono di imporre la natura del riscatto. 
La posta in gioco è alta perché va oltre la controversia del piano bus per investire la sovranità stessa della legge. Questa è la dead line, questa sì davvero invalicabile, per ciascuno e per tutti. 
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