Ricordano ad Adr (Aeroporti di Roma, la società di gestione): «L'opera dell’artista abruzzese è diventata l’emblema dello scalo e anche il meeting point di eccellenza per i viaggiatori italiani e di tutto il mondo che si sono, negli anni, dati appuntamento davanti alla scultura, per un abbraccio di commiato o di benvenuto. Un simbolo che, nell’epoca del selfie, offre uno sfondo d’eccezione in un luogo come l’aeroporto dove, tendenzialmente, nella percezione pubblica, non ci si attende di trovare un’opera d’arte a disposizione».
Bene, a cinquant'anni dalla sua realizzazione, l'Uomo di Vitruvio necessitiva di un intervento di restauro e la società di gestione guidata da Ugo De Carolis ha contattato Ceroli chiedendogli di coordinare l'intervento. Lo scultore ha accettato entusiasta e ha spiegato: «Io a questi pezzi di legno devo molto, mi hanno insegnato tantissime cose, l’educazione. Mi fanno stare bene, faccio un lavoro privilegiato».
Cosa è stato fatto per ridare nuova vita all'opera? Raccontano ad Adr: «Riposizionata quasi al centro della hall partenze del Terminal 3, il Maestro Ceroli ha rielaborato e attualizzato l’opera nel contesto aeroportuale, senza volerla semplicemente restaurare. Pensando al viaggio e alle possibilità che il traffico aereo rappresentano, in termini di connessione e sviluppo, l’artista si è ispirato al viaggio della sonda aerospaziale che Esa ha lanciato su Marte nel 2016. Ed è così che il basamento di marmo nero, che tutti ricordano sotto la scultura precedente, ha lasciato il posto a un basso piedistallo esagonale, in ferro e pannelli di vetro che richiama la sonda spaziale. Al suo interno, il basamento/sonda ospita una quantità indefinita di “pezzi di vetro” frantumato e alcune forme, poco riconoscibili, come la mano dell’artista stesso o delle ali, simbolo del volo e quindi dello scalo, che lo scultore ha inserito come “firma” della nuova opera in vetro, ferro e legno».
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