Scuola, pochi fondi: lite sui bonus: fumata nera sul contratto

Scuola, pochi fondi: lite sui bonus: fumata nera sul contratto
di Andrea Bassi
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Venerdì 5 Gennaio 2018, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 6 Gennaio, 12:01
Il contratto della scuola, per ora, cammina ancora con il freno a mano tirato. Dopo il secondo incontro dell’anno all’Aran, l’Agenzia che siede per il governo al tavolo della trattativa per il rinnovo, ieri è di nuovo emersa la questione delle risorse. La ministra della Pubblica amministrazione ha garantito (si veda l’intervista al Messaggero del 31 dicembre scorso) che i soldi ci sono. Ma al momento l’obiettivo di garantire 85 euro medi lordi mensili di aumento all’intero comparto non sembrerebbe ancora a portata di mano.

Tanto che si starebbe guardando anche all’uso di altri fondi da prelevare direttamente dal ministero dell’istruzione, come quello da 60 milioni a regime inserito nell’ultima legge di Stabilità. I sindacati al tavolo continuano a chiedere che anche le risorse della Buona scuola, i 380 milioni circa della carta dei professori e i 200 milioni degli incentivi ai docenti migliori, vengano «contrattualizzati». Ma su questo ieri il presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini, ha fatto notare che si tratta di una questione che esula dal suo mandato, in quanto nell’atto di indirizzo trasmesso dai ministri, il tema non è stato inserito.

IL VICOLO CIECO
Come si uscirà dal cul-de-sac nel quale la trattativa si è infilata? L’ipotesi più gettonata che rimane sul tappeto, è quella di utilizzare lo stesso meccanismo usato per il rinnovo del contratto dei ministeriali. Stabilire cioè, una scala di aumenti in cui ci siano categorie di lavoratori che riceveranno una cifra inferiore agli 85 euro lordi medi pattuiti. La differenza verrebbe poi coperta con lo stesso «elemento perequativo» usato per i ministeriali. Si tratta di una cifra «una tantum» che oscilla tra i 21 e i 25 euro da inserire nelle buste paga. Come verrebbe finanziato questo bonus? Facendo slittare a marzo l’entrata in vigore degli scatti. I due mesi di risparmio per i mancati aumenti, dovrebbero bastare a coprire le somme necessarie ad erogare il bonus.

Che però avrebbe un limite che non piace ai sindacati, ossia quello di essere pagato soltanto per il 2018, per dieci mesi insomma. Dall’anno successivo, dal 2019, l’unico scatto che rimarrebbe nelle buste paga sarebbe quello tabellare, inferiore agli 85 euro lordi medi promessi dal governo con l’accordo siglato il 30 novembre del 2016. Ma la soluzione non potrà che essere questa, anche perché nuove risorse il governo (dimissionario) ha già fatto sapere che non potranno essere stanziate. Eventuali nuovi scatti devono essere rinviati alla prossima legge di Stabilità e alla prossima contrattazione, quella per il 2019-2021. 

IL CALENDARIO
Per adesso Cgil, Cisl, Uil, Snals-Confsal e le altre sigle, si sono ridate appuntamento con l’Aran alla settimana prossima, quando partiranno i tavoli tematici. Lunedì pomeriggio sarà il turno dell’Università, martedì mattina toccherà al personale della ricerca e a quello dell’Afam e poi giovedì tornerà a riunirsi il tavolo per la scuola. Intanto, sempre ieri, ai sindacati è stata consegnata una prima bozza di accordo sulle «relazioni sindacali». Come per i ministeriali, l’intenzione dell’Aran è instaurare una procedura di «informazione» e di «confronto» con le sigle per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro. 

Mentre il confronto sulla scuola e sugli altri lavoratori della conoscenza è partito, sugli altri due comparti, quello della Sanità e quello degli enti locali, le convocazioni non sono ancora state inviate. Per questi due comparti la questione economica è ancora più complessa, perché, i soldi per il rinnovo non arriveranno dal governo ma dovranno essere trovati da governatori, sindaci e presidenti di Provincia all’interno dei loro bilanci. Che non godono propriamente di ottima salute.
 
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