Anche se riconosce che non sempre tutti i migranti «sono animati dalle migliori intenzioni, non si può dimenticare che la maggior parte di loro preferirebbe stare nella propria terra, mentre si trova costretta a lasciarla a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale». L'invito ai governi è di continuare ad accogliere l’altro mediante «un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate».
Sul numero dei migranti da fare entrare in uno Stato, Papa Francesco lascia la pratica in mano ai politici, visto che spetta a loro «praticare la virtù della prudenza» stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, per permettere quell’inserimento». Il Papa riconosce che a loro spetta «una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare».
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