Caso Bellomo, dal Consiglio di Stato via libera alla destituzione del consigliere

Caso Bellomo, dal Consiglio di Stato via libera alla destituzione del consigliere
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Mercoledì 10 Gennaio 2018, 14:18 - Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 14:33

L'adunanza generale del Consiglio di Stato ha dato parere favorevole alla destituzione del consigliere Francesco Bellomo, a quanto si è appreso. La riunione è durata poco più di due ore e la decisione è stata presa quasi all'unanimità. 

«Ingiustizia è fatta». Così in una lettera aperta Francesco Bellomo dopo l'ok alla destituzione. «Dopo quasi 25 anni di lodevole servizio per lo Stato vengo destituito perché, nella mia vita privata, in veste di direttore scientifico di una scuola di formazione giuridica (e centro di ricerca), sono stato autore di contratti di borsa di studio e pubblicazione sulla rivista telematica. Ipotesi per le quali la legge non consente la destituzione, prevista solo in caso di condanna per gravi reati. Invece io non ho subìto alcuna condanna, neppure alcun processo».

«L'unica condanna che ho subito, con effetti devastanti, è stata quella mediatica», prosegue Bellomo. «Ho vinto cinque concorsi in magistratura, tra ordinaria e amministrativa, ma non posso farne parte - si legge ancora nel testo - Questo è il nostro Paese? Dicono che è stato necessario perché non ho equilibrio, offendo il prestigio della magistratura. Risultati di grande prestigio che ho avuto come pubblico ministero e come giudice sono stati travolti e azzerati». «Quelli che ho avuto come studioso insegnante sono stati addirittura ignorati, nonostante siano sotto gli occhi di tutti: se solo si pensa che i miei allievi superano il più difficile concorso pubblico in Italia con una percentuale di successo quattro volte superiore alla media. A fronte di ciò, può davvero parlarsi di mancanza di equilibrio?».

«Chi volesse conoscere la verità e il sopruso che ho subìto con questo licenziamento, non ha che da leggere le memorie difensive agli atti del disciplinare. Il paradosso è che sono stato sanzionato per un contratto di cui nulla di specifico mi è stato contestato che per di più non è mai stato acquisito: il testo che circola sui media non contiene l'indicazione delle parti e la firma. Un contratto che si vorrebbe lesivo dei diritti fondamentali della persona, ancorché esso sia stato liberamente sottoscritto da laureati con il massimo dei voti e contempla come clausola espressa il rispetto dei diritti fondamentali», aggiunge Bellomo. «Da oggi - conclude - torno ad essere un privato cittadino e chiedo ai media di rispettare la mia scelta di non parlare e di far valere le mie ragioni solo dinanzi alle corti nazionali e, se necessario, europee. Ho perso ingiustamente la reputazione e il lavoro, ho ripreso la libertà. Di fare ciò che più mi appassiona: libri, insegnamento e ricerca».


All'adunanza generale hanno preso parte oltre 70 Consiglieri. All'esito della seduta, presieduta dal Presidente aggiunto Filippo Patroni Griffi, è stato votato - a quanto si apprende - quasi all'unanimità il parere «conforme» alla decisione del Cpga, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa dello scorso 27 ottobre di destituzione del consigliere Bellomo. Dopo il via libera al parere, che conferma l'impostazione del preavviso (di parere), si attende per domani (giovedì 11 gennaio) il «deposito» delle motivazioni. Il giorno successivo, il 12 gennaio è già fissata la prima seduta del Cpga, l'organo di autogoverno della magistratura amministrativa, che dovrà «ratificare» il parere adottando la delibera di destituzione. Da quel momento il Cons. Bellomo sarà destituito, anche se per avere l'effettiva uscita dai ruoli della magistratura amministrativa bisognerà attendere il decreto della Presidenza della Repubblica, per l'esecutività.

A favore della destituzione del giudice Bellomo si era già espressa la commissione speciale. Il consigliere di Stato è sotto procedimento disciplinare per la vicenda legata alla scuola per aspiranti magistrati da lui gestita e per le accuse di pressioni e molestie su alcune borsiste.

Un caso da cui sono scaturite anche due inchieste a Bari e a Piacenza. 

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