Roma, cibo avariato al San Giovanni: paziente risarcito con 12mila euro

Roma, cibo avariato al San Giovanni: paziente risarcito con 12mila euro
di Michela Allegri
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Sabato 13 Gennaio 2018, 08:02 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 17:01
Mentre era ricoverato in ospedale, gli hanno somministrato una minestrina rancida, avariata, immangiabile. Così, un paziente dell'ospedale San Giovanni Addolorata ha sporto denuncia e ha ottenuto un risarcimento da dodicimila euro.

LA PRONUNCIA
La sentenza, emessa lo scorso anno dal Tribunale di Roma, è stata confermata dalla Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso dell'imputato, Giuseppe Tancredi, legale rappresentante della Innova spa, società di catering che all'epoca dell'incidente si occupava di distribuire i pasti ai pazienti del nosocomio di via dell'Amba Aradam. Nella sentenza depositata ieri i giudici sottolineato che, nel settembre 2013, al degente, ricoverato nel reparto di terapia intensiva coronarica, era stata consegnata al momento del pasto «una vaschetta contenente minestrina in brodo che presentava evidenti segni di deterioramento e alterazione». Nel brodino, proseguono i magistrati, c'era della «muffa». Per il collegio di tratta di un fatto decisamente grave. Circostanza che ha portato alla conferma della condanna disposta dal Tribunale. Gli ermellini hanno anche deciso di non concedere all'imputato né le attenuanti generiche né la sospensione della pena. Agli atti dell'inchiesta, testimonianze di dipendenti e di pazienti, e anche fotografie.

GLI ATTI
I supremi giudici sembrano non avere dubbi sulla responsabilità dell'imputato. Nella sentenza, infatti, la Cassazione scrive anche che «segnatamente dalle dichiarazioni testimoniali e dalla documentazione fotografica in atti, è accertato che il 17 settembre 2013 personale della Innova spa - Ristorazione Collettiva, della quale l'imputato era legale rappresentante, distribuiva per il consumo a un paziente del reparto di cardiologia e terapia intensiva una vaschetta contenente minestrina con presenza di muffa».
La sentenza del Tribunale di Roma era arrivata il 7 aprile del 2016. Per la Suprema Corte, il giudice «con motivazione congrua e in linea con i principi di diritto in materia, ha correttamente negato la concessione delle attenuanti generiche, ritenendo elemento di prevalente rilievo ostativo, e decisivo ai fini della valutazione negativa della personalità dell'imputato, le modalità del fatto apprezzate in termini di estrema gravità».

LA DIFESA
Il legale rappresentante della società di catering si è difeso cercando di convincere i giudici di non avere colpe: a suo dire, la responsabilità della negligenza sarebbe da addebitare unicamente alla società «che si occupava della fornitura delle derrate alimentari». La tesi, però, non ha convinto la Suprema Corte: il ricorso è stato dichiarato «inammissibile». La condanna al risarcimento del paziente è stata quindi confermata. Non è tutto. L'imputato è stato anche multato con altri duemila euro da versare alla Cassa delle ammende.

 
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