Degrado Capitale/ Ferita aperta nell’Esquilino assediato le risposte non date dal Campidoglio

di Paolo Graldi
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Mercoledì 14 Febbraio 2018, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 00:35
Deve pur esistere un punto fermo, una linea di demarcazione, una barriera oltrepassata la quale la legalità, umiliata e vilipesa, viene data per sconfitta, annientata. E la politica degli amministratori data per persa e colpevole.
Bene, quel confine all’Esquilino, nobile rione, (ma certo non solo all’Esquilino, perché tante aree di Roma metropolitana, la Capitale, costrette loro malgrado nel medesimo stato), quel confine non è stato ancora tracciato. 
Non esiste, è vittima di una “zona franca” dove la legge entra a singhiozzo, se capita. E spiace molto doverlo constatare. I cittadini, senza jattanza, anzi con una pacatezza che induce a riflessioni sulla forza della legalità pretesa ma mai muscolare, stanno organizzandosi. 

Con gli smartphone creano una rete di protezione e segnalazione contro la rete dello spaccio, anch’essa attiva con i cellulari accesi per assicurare lo smercio sicuro. Gli addetti alla consegna delle dosi avvisati via sms del pericolo. Tutto alla luce del sole, nei giardinetti lasciati all’incuria, cespugli alti per nascondersi, cumuli d’immondizie, piccole discariche di vuoti a perdere di vino per la sbronza collettiva dei randagi occasionali, che all’occorrenza sanno farsi minacciosi contro gli intrusi, cioè tutti gli altri.
Qui le diverse etnie trovano un ritrovo, una sintesi, ma non sempre la convivenza pacifica. Luccicano lame di coltelli, non di rado. 
Così è nato “Esquilino vivo”, la risposta al degrado di questa magnifica piazza Vittorio Emanuele di un folto gruppo di cittadini, collegati strettamente con il comando dei carabinieri della zona, che “sorveglia” il quadrilatero, segnala anomalie, avverte dei pericoli, cerca di riappropriarsi di una fetta di territorio sottratta al bene comune. 

Siamo lontani dalla “Grande bellezza”, penserà Paolo Sorrentino, il regista che ha accarezzato magistralmente la città col film che ha meritato l’Oscar, anche lui, assieme alla moglie Daniela D’Antonio del gruppo attivo qui. 
Intellettuali, professionisti, impiegati, si stanno riconoscendo in una risposta corale, pacata, niente a che vedere con l’ambizione di fare ronde o sorveglianza armata: no, vogliono con lo sguardo dire che ci sono, che la zona franca non è di nessuno nel senso che è di chi se la prende, ma è di tutti, anche dei ragazzini che vogliono tirare due calci a un pallone e sfidare un canestro sbilenco e abbandonato. 

E’ un “urletto di dolore”, lo ha definito Sorrentino, che l’amministrazione capitolina e chi regge le sorti dell’ordine pubblico dovrebbe saper ascoltare, perché è un grido rispettoso della autorità della quale anzi si invoca la presenza e l’azione. Non capire, non sentire, non accogliere il senso di questa protesta, scatena avvilimento, frustrazione, estraneità. Un guaio perché è su questo terreno che poi si scatenano conflitti più aspri e inevitabili. Le promesse di provvedere ci sono state, diverse e altisonanti. Sono rimaste tali, qui e altrove, un po’ ovunque. 
Forse mancano le risorse, certamente non si apprezza lo sforzo per rimediare al male diffuso del degrado, anche là dove i soldi non servirebbero se ci fosse una forte determinazione al cambiamento. Sapendo dove e come mettere le mani. 
E si arriva al peggio. 
Ricorrenti episodi di violenza rilanciano nelle testimonianze di cronaca nera il senso di un degrado complessivo, insopportabile, avvilente. L’altra notte, per stare all’attualità, una clochard di 75 anni, di origine tedesca, riparata dal freddo da una catasta di cartoni e coperte sotto i portici di via Carlo Alberto, è stata svegliata, aggredita e violentata. Orrore. 

E’ riuscita a chiedere aiuto a due turisti di passaggio. 
L’uomo che l’aveva denudata ha cercato di scappare inutilmente. Quasi subito arrestato dai carabinieri, ch’erano nei paraggi. 
E’originario della Costa d’Avorio, 31 anni, adesso abita a Regina Coeli, chissà per quanto tempo. 
La notte degli sbandati senza fissa dimora è pericolosa per definizione ma da tempo sul fronte di chi si nasconde e cerca riparo e sonno dietro coperte di cartone sotto i portici o nei vicini dintorni della stazione Termini o negli altri parchi pieni di varchi facilmente valicabili, la notte è velata di paura. 
Una violenza sconsiderata e inaudita, può diventare d’improvviso il lampo che s’illumina di di orrore. Siamo proprio sicuri: niente da fare, bene così, avanti tutta?
 
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