Educazione alla deriva/ Studenti violenti con i professori: scuola da ripensare

di Marina Valensise
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Giovedì 15 Febbraio 2018, 00:41 - Ultimo aggiornamento: 01:04
La cosa esiste, anche se manca la parola. Ma bisognerà pur trovarla in italiano, per parlare del regresso della civiltà, che plana minaccia il nostro vivere quotidiano. In Francia si parla di décivilisation, in Germania di Entziviliesierung. In Italia si parla di inciviltà, che però è lo stato precedente la civiltà, vetro sottilissimo pronto a infrangersi alla prima scossa.

E non è quindi lo stato conseguente alla corruzione della stessa. Ma intanto i fatti sono già eloquenti.
Nella provincia di Piacenza, uno studente di prima media ha colpito ripetutamente al braccio una professoressa, mandandola al pronto soccorso con prognosi di sette giorni. Il bestiale scolaro (non trovo altro aggettivi per un undicenne che reagisce da animale selvatico) è stato sospeso con l’obbligo di frequenza, ma la scuola ha presentato una denuncia per infortunio sul lavoro e una segnalazione ai servizi sociali. Un fatto grave, ha commentato il rappresentante del sindacato Gilda. Trattandosi di un minore di 14 anni, il colpevole non è penalmente perseguibile, anche se i suoi genitori sono tenuti a rispondere verso terzi dei danni da lui prodotti. Perciò la Gilda, volendo per una volta tutelare gli insegnanti, ha invitato l’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna e l’Avvocatura dello Stato di Bologna a adire le vie giudiziarie. 

In provincia di Caserta, all’Istituto tecnico commerciale “Bachelet-Majorano” di Santa Maria a Vico, giorni fa è stato un sedicenne di Acerra a tirare fuori un coltello per scagliarsi e ferire al viso la professoressa di lettere, Franca Di Blasio. Non voleva farsi interrogare per recuperare un’insufficienza. Fermato per lesioni aggravate e porto illegale di oggetti atti a offendere, il selvaggio di Acerra è finito in un centro di prima accoglienza minorile di Napoli, mentre la professoressa ferita al volto veniva ricevuta a Palazzo Chigi con un encomio per la mitezza della reazione e l’autocritica da insegnante che ha fallito nella sua missione. 

Così, la violenza nelle aule scolastiche perpetrata da minori ai danni dei professori rischia di diventare un fenomeno diffuso. Nelle caserme si tratterebbe di insubordinazione. Ma a scuola che nome prende? E soprattutto di chi è figlio questo fenomeno che minaccia le radici stesse della convivenza civile proprio nel luogo deputato a fondarla? Sarà il frutto di una cultura dissennata e nihilista che in nome dell’autonomia del soggetto ha abrogato ogni autorità, cancellando ruoli e gerarchie per instaurare la l’utopia dell’eguaglianza assoluta? Non voglio tirare di nuovo in causa il 68 e la sua eredità, perché il mito continua a avere i suoi custodi e difensori a oltranza. Ma sarebbe utile riflettere sulle conseguenze di una lacuna che investe una funzione chiave nella formazione della società civile. E credo sarebbe anche urgente rinunciare per una volta alla difesa d’ufficio del vietato vietare, e liberarsi dal pregiudizio politicamente corretto in tema di sfruttamento e dominazione, per ripristinare come un santuario le regole di fondo del vivere civile e le sanzioni destinate a punire chi le trasgredisce. 

È troppo tardi diranno i pessimisti; è del tutto inutile obietteranno gli ottimisti. Ma forse è l’unica vera utopia da percorrere, per tentare di salvare il salvabile e scongiurare il peggio prima di regredire in massa, senza nemmeno accorgercene, dallo stato civile a quello bestiale.
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