Usa, Trump licenzia Tillerson: Pompeo il nuovo segretario di Stato. E a capo della Cia arriva una donna

Usa, Trump licenzia Tillerson: Pompeo il nuovo segretario di Stato. E a capo della Cia arriva una donna
di Flavio Pompetti
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Martedì 13 Marzo 2018, 13:59 - Ultimo aggiornamento: 14 Marzo, 23:09

«Tillerson, sei fuori!». Donald Trump ha licenziato il suo segretario di Stato con una telefonata da Washington a Nairobi nel cuore della notte di venerdì scorso. L'ex petroliere era in missione in Africa da settantadue ore con appena quattro ore di riposo, e la mattina alle tre era stato svegliato da un'altra chiamata del presidente, che gli comunicava la decisione affrettata e personale di accettare l'incontro a due proposto da Kim Jong-un. L'ultima conversazione tra i due deve essere stata meno che cordiale, almeno stando al freddo «Gli auguro buona fortuna» con cui Trump ieri ha dato l'annuncio alla stampa, mentre saliva sull'elicottero che lo avrebbe portato in California. Via la colomba Tillerson, al vertice della segreteria di Stato arriva il falco Mike Pompeo, rimpiazzato a sua volta da un altro falco: Gina Haspel che, previa confermata al Senato, sarà la prima donna a guidare la Cia, dopo che Trump l'aveva già nominata numero due.

IL RAPPORTO
Nei confronti diretti Rex Tillerson non era sicuramente mai stato intimorito dal presidente. Un decennio di lotte clandestine nel board della Exxon Mobile ne ha affinato lo stile aggressivo e un linguaggio privo di mediazione. Il rapporto tra i due era arrivato al capolinea dopo mesi di disaccordo sulla politica estera. Basta guardare la diversa risposta che hanno avuto di fronte all'accusa che Theresa May ha mosso lunedì contro la Russia, sospetta cospiratrice nell'avvelenamento dell'ex spia Skripal e di sua figlia a Salisbury.

Il segretario di Stato ha stigmatizzato l'attacco e si è schierato decisamente al fianco della May, principale alleato atlantico. Trump ancora ieri mattina diceva che certo non poteva dubitare delle conclusioni della premier britannica, però può darsi che siano stati i russi, può darsi che sia stato qualcun altro. Il presidente Usa ha avuto bisogno di consultarsi al telefono con la May prima di assegnarle pubblicamente il suo supporto per la richiesta di chiarimenti da parte di Mosca. Trump ha citato ieri divergenze di vedute sull'accordo antinucleare con l'Iran, dal quale il presidente vorrebbe recedere, e che il globalista Tillerson cercava di difendere.

UNA LUNGA LISTA
Tra i due non c'è stato consenso sull'accordo di Parigi sul clima né sul negoziato con la Corea del Nord, e la divisione era stata profonda dopo i disordini di Charlottsville, e in seguito ai commenti razzisti di Trump. L'appello del ministro per una risposta alle manipolazioni russe delle elezioni del 2016 è caduto nel vuoto; quello alla cautela nei rapporti con il Venezuela totalmente ignorato dalle sanzioni decise da Trump. Sulla crisi nel Qatar Trump si è schierato dalla parte dei sauditi, Tillerson ha cercato di spingere inutilmente per la fine dell'embargo decretato da Riad. «È un idiota» aveva detto del suo capo il ministro luglio al termine di una riunione sulla sicurezza nazionale. L'insulto non è mai stato digerito da Trump. Tillerson ha avuto il compito ingrato di insediarsi in un dipartimento di Stato per il quale Trump aveva appena deciso un taglio di bilancio del 30% della spesa. Lui, ex amministratore della prima ditta petrolifera al mondo, che aveva fatto da testa di ariete alla globalizzazione, ha dovuto rammendare i colpi d'ascia inflitti da Trump agli alleati della Nato e le picconate contro la Cina, fino a dichiarare un'opposizione aperta ai dazi e ai pronunciamenti isolazionisti della Casa Bianca. Gli attacchi del presidente contro di lui si sono accentuati a partire da dicembre, secondo il senatore repubblicano Bob Corker, presidente della commissione Affari Esteri.

I PRECEDENTI
Il licenziamento non è un record: meno di lui (nove mesi) durò nel 1881 il segretario di Stato James Blaine, costretto all'abbandono dall'assassinio del presidente James Garfield.

In tempi più recenti bisogna risalire alla cacciata nel 1982 di Alexander Haig, ex comandante delle forze alleate della Nato. Reagan non aveva gradito che durante la sua assenza dovuta al tentato assassinio, il ministro aveva pubblicamente dichiarato: «Qui comando io ora», con un'interpretazione forse troppo letterale del protocollo.

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