Ostia, altre prede nella rete dei killer: la coppia adescava uomini sul web per rapinarli

Ostia, altre prede nella rete dei killer: la coppia adescava uomini sul web per rapinarli
di Elena Panarella e Mirko Polisano
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Giovedì 17 Maggio 2018, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 19:52


«Ci vediamo allora domani vicino al porto?». «Si ti aspetto e ci divertiamo». Così si scrivevano tra loro Naomi Caruso e Milon Sayal, il 33enne bengalese morto dopo essere stato massacrato di botte - secondo gli inquirenti - dal marito di lei, Niko Caldiero in via Enea Picchio a Ostia Ponente. Per entrambi il gip ha convalidato, nelle ultime ore, l'arresto. Un agguato studiato nei dettagli e a cui Naomi, 21 anni, non era nuova. Su di lei, secondo quanto trapela dall'inchiesta, c'è almeno un altro caso certo (simile a quello di Milon) che la vede indagata per estorsione.

STESSO MODUS OPERANDI
La tecnica, sempre la stessa, avance e incontri per poi farsi pagare. Il marito, conosciuto in zona e agli inquirenti per piccoli reati, era il braccio operativo. Anche se lui più volte ha puntato sul fattore della gelosia. Le vittime, residenti del quartiere ma anche sconosciuti, contattati dai siti di annunci e chat per incontri amorosi dove la 20enne romana cambiava puntualmente identità: compariva, infatti, con il nome Alessia. L'ultimo che è finito nella rete della giovane coppia diabolica, prima della tragedia di Milon, è stato un uomo, anche lui romano, di 40 anni adescato sempre on line e poi costretto a pagare una somma di denaro. Questa volta però a marito e moglie è andata male. E sì perché la vittima in questo caso, ha trovato il coraggio di sporgere denuncia. E ora la querela, su cui sta lavorando anche la polizia del commissariato di Ostia, andrà a far parte del fascicolo d'inchiesta di cui è titolare il pm Marcello Cascini. Ora gli inquirenti si stanno concentrando sull'analisi dei tabulati, acquisendo dai telefoni i contenuti delle chat hot e i messaggi che gli utenti si scambiavano con Naomi. O meglio con Alessia. «Vieni da me a Ostia. Ci divertiamo», scriveva all'indirizzo di Milon a cui avrebbe anche chiesto che modello di smartphone aveva. Domanda preliminare per intuire se la preda era quella giusta. Poi le informazioni scambiate con il marito che sarebbe entrato in azione, in un secondo momento per rapinare l'uomo di cellulare e soldi. E sempre i tabulati hanno confermato che Sayal e la ragazza si erano sentiti fino a pochi minuti prima del fatale incontro. Durante le indagini gli agenti hanno intercettato Niko e Naomi, mentre parlavano dell'aggressione e della morte di Milon. «Parole inequivocabili», per gli investigatori.

IL GIALLO
«Milon aveva comprato il cellulare pochi giorni prima - racconta il fratello Shahim Ahamed - gli hanno teso una trappola. Vorrei guardare in faccia chi lo ha ucciso. Ora però devono pagare e restare in carcere». Ma ci sarebbe un altro elemento su cui la famiglia chiede chiarezza: «I soccorritori hanno detto che nel sangue di mio fratello c'era molto alcool ma lui non beveva, anche per motivi religiosi. Quindi impossibile. E allora cosa è successo quella mattina?». Intanto in via Guido Vincon, dove la coppia viveva in una casa del Comune, in molti sanno ma in pochi vogliono parlare. I palazzoni del Campidoglio sono ancora abitati dai boss dei clan locali e da pregiudicati ai domiciliari. Nessuno da qui li manda via. Ma il degrado sociale è una piaga ancora da sanare: Naomi, prima dell'arresto, viveva proprio qui con suo marito e la sua numerosa famiglia. Una quotidianità scandita da violenze, truffe ed espedienti per tirare avanti.

 

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