Carte d’identità elettroniche, 350 mila hanno il chip difettoso

Carte d’identità elettroniche, 350 mila hanno il chip difettoso
di Umberto Mancini
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Domenica 20 Maggio 2018, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 08:34
Scatta l’allarme rosso per le carte d’identità elettroniche. Questa volta però non è colpa dei Comuni che ritardano a consegnarle ai cittadini (Roma ha il record di attesa con quasi tre mesi), ma del Poligrafico dello Stato che ha prodotto, confezionato e inviato circa 350 mila carte difettose, ovvero inutilizzabili per errori nei microchip installati. La denuncia, durissima, è scritta nero su bianco in una lettera inviata l’8 maggio dal presidente dell’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani, Antonio Decaro, a tutti i sindaci. Tuttavia già nei mesi scorsi fonti sindacali, pur non esponendosi direttamente, avevano fatto trapelare che qualcosa non stava funzionando nei processi produttivi e che erano arrivate non poche segnalazioni da parte di cittadini infuriati.

LA DENUNCIA
Di fatto le carte vengono bloccate alla frontiera, non sono riconosciute, con l’evidente imbarazzo dei cittadini che sono fermati ai posti di controllo, quasi fossero pericolosi ricercati. A scoperchiare la pentola è stato Decaro che ai sindaci degli enti locali “sperimentatori” della Carta d’identità elettronica scrive: «Nel corso della riunione della Commissione Interministeriale permanente Cie (carta identità elettronica) abbiamo appreso con stupore che sono state emesse da parte del Poligrafico dello Stato 346.275 carte difettose, ovvero che non consentirebbero la corretta verifica di tutti i dati del cittadino se lette tramite alcuni strumenti elettronici». 

Decaro aggiunge di aver espresso tutta la propria preoccupazione ai vertici del ministero degli Interni per le «eventuali ripercussioni sui Comuni, incolpevoli, in quanto non coinvolti nel processo di produzione ed emissione della Cie». 

Poi il presidente invita, proprio «perché siamo in periodo estivo e quindi di maggiore utilizzo per l’espatrio della carta elettronica», di avviare da un lato «una procedura di urgenza» per comunicare «la problematica a tutte le frontiere e ai soggetti aventi titoli per verificare la Carta del cittadino», dall’altro ad informare «tutti i cittadini interessati», dando loro la possibilità di sostituire «gratuitamente il documento difettoso». Anche i Comuni, prosegue Decaro, non devono sostenere nessun onere per gli errori macroscopici del Poligrafico. 

Si tratta, spiegano i tecnici, di errori dovuti all’inefficienza del processo produttivo e, ovviamente, alla mancanza di controlli ad hoc. Con un danno stimabile, secondo alcune fonti, di circa 50 milioni di euro, ma inestimabile sul fronte dell’immagine. Anche perché la Carta d’identità elettronica è un progetto che parte da lontano, se ne parla da 10 anni, che evidentemente è particolarmente sfortunato. In 5 dei 10 sistemi di produzione sarebbe stata caricata una versione non aggiornata del software da installare sui microchip. Carte che sono state prodotte e inviate ai Comuni senza essere testate e collaudate nei singoli lotti di produzione. Facile immaginare la reazione imbarazzata dei cittadini in possesso della Carta fallata che si sono recati all’estero, ma non sono stati respinti alle alle frontiere perché non riconosciuti.

CHI PAGA
Nel mirino c’è la gestione del presidente del Poligrafico Domenico Tudini che ha disposto un audit anche per evitare di essere lui stesso travolto da una partita così paradossale. Ma, sopratutto, quella operativa dell’ad Paolo Aielli, in sella dal 2014, responsabile dell’ambizioso progetto digitale. Probabilmente per risolvere il pasticcio occorrerà una legge: le modalità di emissione delle Cie sono infatti definite nei dettagli dalle norme che ovviamente non prevedono il caso di 400 mila errori. Bisognerà quindi definire il quadro complessivo per stabilire come richiamare, sostituire e spedire le carte. Qualcuno dovrà rispondere dei danni provocati alle casse statali a causa di negligenze inspiegabili per un sistema di produzione di documenti di sicurezza. 
 
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