L’impianto di depurazione di Aquino e gli altri tre presenti in provincia (uno a Ceccano dell’Asi, due a Villa Santa Lucia, di Asi e Cosilam) sono gestiti dalla “AeA”, la società partecipata dai consorzi industriali di Frosinone, Cassino e Rieti. In quest’ultima provincia, ad esempio, è da almeno il 2014 che l’impianto di depurazione, gestito sempre dalla “AeA”, è dotato di autorizzazione integrata ambientale. Un paradosso se si considera che in quella provincia le industrie sottoposte ad AIA (quindi con lavorazioni particolari sotto il profilo ambientale) sono di gran lunga inferiori a quelle presenti in provincia di Frosinone. «Per quanto riguarda il depuratore di Ceccano e quello di Villa Santa Lucia del Cosilam - spiega l’amministratore delegato di AeA, Riccardo Bianchi - i procedimenti per le AIA sono in corso presso la Provincia. Invece per l’altro impianto di Villa Santa Lucia, quello dell’Asi a servizio della FCA, l’autorizzazione integrata ambientale non è richiesta».
LE INDAGINI A CECCANO
Intanto sulla questione delle autorizzazioni da tempo si è mossa anche la magistratura. Oltre all’impianto di Aquino, è stato oggetto di indagini anche il depuratore dell’Asi di Ceccano, in località Colle San Paolo, gestito dalla società “AeA”. L’inchiesta sarebbe in dirittura d’arrivo dopo l’informativa inviata nell’ottobre del 2016 alla Procura di Roma competente per uno dei reati contestati.
A parlare delle indagini è stato il procuratore di Frosinone Giuseppe De Falco nel corso dell’audizione dell’anno scorso davanti alla Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti. Il depuratore di Ceccano si occupa della lavorazione delle acque industriali e dei fanghi di 206 attività produttive (di cui 18 sottoposte ad AIA), oltre agli scarichi civili provenienti dai comuni di Frosinone, Ceccano, Patrica, Morolo, Ferentino. «Nel corso di un sopralluogo congiunto della Forestale e dei tecnici dell’Arpa - ha spiegato De Falco - è stato appurato che l’impianto è sprovvisto di AIA». De Falco inoltre ha riferito alla commissione che nel corso delle indagini è emerso che «il fango esausto proveniente dal processo di depurazione delle acque reflue dell’impianto di Ceccano è stato affidato e gestito come rifiuto non pericoloso ad una ditta con sede a Ferentino. In altri termini vi è stata, mediante l’utilizzo di codici speculari accompagnati da analisi non esaustive e tali da poter escludere la pericolosità del rifiuto, una declassificazione dei rifiuti, da pericolosi a non pericolosi, in modo tale da poter smaltire come non pericolosi rifiuti che. Ciò ha consentito all’Asi di ottenere un notevole risparmio dei costi di smaltimento».
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