Benzina in nero, super frode fiscale da quattro miliardi

Benzina in nero, super frode fiscale da quattro miliardi
di Michele Di Branco
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Giovedì 12 Luglio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 16:59
Le frodi fiscali nel settore petrolifero costano all’Italia tra i 2 i 4 miliardi di euro di mancato gettito tributario. Ed anche se le Forze dell’Ordine, Guardia di Finanza in testa, si impegnano e, solo nel 2018, hanno realizzato sette operazioni smascherando attività illecite per 280 milioni di euro, è necessario fare di più. Una interrogazione parlamentare firmata da Pier Ferdinando Casini di Lista Civica Popolare e indirizzata ai Ministri dell’Economia e delle Finanze e al Ministro dell’Interno punta a smuovere le acque intorno al problema delle attività illegali che, appunto, inquinano la concorrenza nel settore petrolifero. 

I DETTAGLI
L’ex presidente della Camera, in particolare, ha chiesto al governo di intensificare le iniziative di contrasto al fenomeno sul territorio coinvolgendo anche l’Ue. Casini ricorda che «la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva» indica nel settore dei carburanti per autotrazione uno dei comparti produttivi soggetti alla più significativa evasione. E tra i meccanismi messi in atto dalle organizzazioni criminali spiccano le cosiddette «frodi carosello», che prevedono la realizzazione di reati attraverso la costituzione di società cartiere, ovvero organismi «fantasma» intestati a prestanome nullafacenti ma gestite di fatto dai promotori delle truffe i quali scaricano su queste società il rilevante debito erariale.

In breve tempo, una volta realizzata la vendita dei prodotti, queste imprese vengono fatte chiudere e le organizzazioni criminali intascano l’Iva senza più restituirla. Questo business illegale, ricorda Casini, è favorito anche dalle norme europee che consentono la circolazione in sospensione Iva e accisa all’interno dell’Italia di autobotti di provenienza dei Paesi dell’Est. Questi prodotti vengono poi venduti illegalmente sul mercato nazionale rifornendo la rete dei depositi di stoccaggio e dei distributori senza il versamento di un solo euro di tasse. «La liberalizzazione del mercato della distribuzione dei carburanti – si legge nell’interrogazione – ha aperto il settore a nuovi operatori, dalla Grande distribuzione organizzata alle cosiddette pompe bianche».

Questa riforma, riconosce il senatore, ha favorito la riduzione del prezzo dei carburanti. Tuttavia l’assenza di adeguati controlli, si fa notare nell’atto parlamentare, «ha lasciato il campo libero alla possibilità per numerosi nuovi operatori di rifornirsi da canali illegali, riuscendo così ad offrire carburante a un prezzo più basso grazie all’evasione Iva e accise, che rappresentano una componente preponderante del prezzo finale». Casini riconosce che le leggi di Bilancio 2016-’17 hanno introdotto strumenti efficaci per aumentare la capacità di controllo e prevenzione delle frodi da parte delle Agenzie fiscali, bracci amministrativi controllati dal ministero dell’Economia. E, in particolare, sono stati lanciati provvedimenti per rafforzare la digitalizzazione della filiera, a partire dall’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica.

Inoltre, nella passata legislatura, è stato limitato l’uso del contante per l’acquisto di carburante ed è stato razionalizzato il sistema dei depositi, soprattutto attraverso la revisione dei criteri per il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio e l’introduzione di un obbligo di versamento anticipato dell’Iva per chi transita in deposito. Una piattaforma di misure importanti, insomma. Ma evidentemente giudicate ancora insufficienti, tanto più che nell’interrogazione si ricorda che l’attuale governo ha prorogato al 1 gennaio 2019 l’obbligo della fatturazione elettronica nel settore dei carburanti «privando per altri sei mesi l’amministrazione di uno strumento rilevante per contrastare l’illegalità nel settore petrolifero».
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