Latina, focolaio indiano: 5 malati. «Difficile fare i test in quei residence»

Latina, focolaio indiano: 5 malati. «Difficile fare i test in quei residence»
di Vittorio Buongiorno
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Domenica 12 Luglio 2020, 00:14

Fino a pochi giorni fa erano solo cinque le persone di nazionalità indiana contagiate in provincia di Latina dall’inizio dell’emergenza. Cinque su 500 casi totali, nulla. Adesso in pochi giorni altri 5 casi, quattro dei quali di rientro: quattro indiani e un bengalese tornati in aereo dai loro paesi di origine e a Latina è scattato l’allarme. Gli ultimi due ieri, ad Aprilia. Braccianti che lavorano però non nei campi ma nella logistica. «Anche per loro sono state attivate le procedure del contact tracing internazionale», ha spiegato l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. Una situazione complicata per la provincia di Latina dove ieri sono stati trovati altri quattro nuovi positivi, una famiglia italiana: padre, madre, nonna e figlio di 5 anni, e dove negli ultimi 8 giorni i nuovi casi positivi sono stati addirittura 17.

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Ma l’attenzione si concentra sui cinque casi, quattro indiani e un bengalese, di ritorno dai loro paesi di origine che stanno mettendo a dura prova gli ispettori della Asl - guidata dal manager Giorgio Casati - e il dirigente della struttura “Popolazione migrante” dell’azienda sanitzaria Arcangelo Maietta insieme alle forze dell’ordine per tracciare i contatti dei positivi e cercare di contenere questa nuova esplosione di contagi. «Sono casi non semplici da individuare anche perché i rientri dei positivi riscontrati a Latina sono avvenuti tutti da tratte diverse e con triangolazioni di voli molto differenti» spiega Antonio Sabatucci, direttore della Uoc di prevenzione attiva della Asl pontina. Il primo caso è stato quello di una donna di nazionalità indiana rientrata da Delhi via Parigi con un volo Air France il 30 giugno: ha manifestato i sintomi il due luglio nella casa di Aprilia dove era in quarantena. Poi il marito, che a sua volta era rientrato dall’Asia ma con un volo da Dacca del 23 giugno. Poi un bengalese arrivato passando da Doha, mentre uno dei casi riscontrati aveva volato via Francoforte atterrando a Firenze.

Fino al lockdown era stato tutto tranquillo. Dei 5 indiani contagiati solo due erano stati ricoverati allo Spallanzani. Grazie all’aiuto di Caritas, Croce Rossa ed Emergency la Asl era riuscita a monitorare la situazione, ma adesso il problema dei rientri rende tutto più complicato. Anche perché è difficile immaginare di entrare in uno dei comprensori di Bella Farnia con una postazione drive through (quelle dove si viene sottoposti al tampone restando in auto) per fare tamponi a tappeto. Parliamo di una comunità molto chiusa, dove un ispettore della Asl viene visto come una specie di poliziotto. «In effetti non è stato semplice in questi giorni effettuare i tamponi ai contatti diretti dei positivi indiani, ma grazie ai volontari e ai mediatori linguistici ci stiamo riuscendo» racconta Maietta. L’altra mattina erano partiti per farne nove, alla fine ne hanno fatti 50. «La cosa importante è che fino ad oggi sono risultati tutti negativi, quindi bisogna fare molta attenzione a non gridare all’untore» spiega Maietta. La Asl sta valutando come poter aumentare il numero dei tamponi e da domani chiederà aiuto alle associazioni che lavorano con gli stranieri.

Ma ci sono contagi “importati” anche tra gli italiani, come la famiglia che lavorava a Fortaleza: padre, madre e figlio rientrati a Pontinia sono risultati positivi. Fatto sta che a Latina negli ultimi 8 giorni ci sono stati 17 nuovi contagiati, la peggiore sequenza negativa da metà aprile quando eravamo ancora in piena emergenza. «Quindi l’attenzione - ammoniscono dalla Asl - deve restare altissima».
 

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