Baltimora, nave cargo urta e fa crollare ponte: il dramma degli operai intrappolati a 58 metri

I dispersi riparavano le buche nell'asfalto e non hanno avuto il tempo di fuggire

Baltimora, nave cargo urta e fa crollare ponte: il dramma degli operai intrappolati a 58 metri
di Mauro Evangelisti
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 27 Marzo 2024, 06:03 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 08:50

ROMA Quando a Baltimora è l'una della notte tra lunedì e martedì il portacontainer Dali, gigante di quasi 300 metri battente bandiera di Singapore costruito nel 2015 in Virginia, lascia il porto. A bordo ci sono venti membri dell'equipaggio, indiani, ma anche due piloti locali, come vuole il regolamento, che si occupano dell'uscita dal porto.

Sulla nave, mentre si avvicina al ponte Francis Scott Key, si spengono le luci, c'è una perdita di potenza, sembra partire il generatore di emergenza, ma poi torna subito il buio.

La Dali non è più governabile, l'equipaggio lancia il mayday, salvando molte vite: viene subito bloccato il traffico («ho bisogno che uno di voi sul lato sud, uno di voi sul lato nord, blocchi il traffico sul Key Bridge, c'è una nave in avvicinamento che ha appena perso il timone» si sente nelle comunicazioni via radio).

Baltimora, cosa non torna dell'incidente al ponte: dalla scheda del comandante sparita alle anomalie delle luci

LA CIRCOSTANZA

L'Fbi ieri ha escluso che al momento si possa pensare a un attacco terroristico o all'azione degli hacker. Si tratta di una coincidenza fatale: se il black out sulla nave fosse avvenuto in qualsiasi altro momento, non sarebbe successo nulla. Invece, la Dali, fuori controllo, va a colpire uno dei piloni del ponte in acciaio inaugurato nel 1977, considerato un gioiello della tecnologia. Otto operai sono sul ponte, alto 58 metri, stanno riparando le buche nell'asfalto, non hanno il tempo di fuggire. Due vengono recuperati vivi dal fiume Patapsco, attraversato dal ponte che è lungo 2,6 chilometri. Restano altri sei dispersi. La Guardia costiera, nei primi report, scrive che un pilota a bordo ha riferito di «problemi di alimentazione, molteplici allarmi sul ponte e una perdita di propulsione prima dell'incidente». Il portacontainer Dali è di proprietà di una società di Singapore, la Grace Ocean Pte Ltd., è gestita da Synergy Marine Group ed è piena di container per conto del colosso dei trasporti merci danese Maersk. Prima di Baltimora era stata a Norfolk e Panama e la sua destinazione era Colombo, capitale dello Sri Lanka. Aveva in programma di passare dal Sud Africa per evitare il Mar Rosso, dove c'è il rischio di attacchi degli Houthi, i ribelli filo iraniani che stanno lanciando missili contro i cargo. Quanto meno non è un nave fortunata: nel 2016, ad Anversa, in Belgio, era stata protagonista di un incidente perché la prua andò a strisciare contro la banchina.

IL CASO CILE

Non solo (e qui il pensiero va subito alla perdita di potenza all'origine della collisione con il pilone del ponte di Baltimora): secondo il New York Times il 26 giugno del 2023 una ispezione avvenuta nel porto di San Antonio, in Cile, rilevò «che la nave aveva un difetto relativo a "macchine di propulsione e ausiliarie". L'ispezione ha precisato che la carenza riguardava indicatori e termometri». Ma perché un ponte così importante si è frantumato così facilmente? I ponti più moderni hanno pilastri centrali indipendenti dal resto della struttura, ma il Francis Scott, che pure non è così vecchio visto che è stato inaugurato meno di cinquant'anni fa, ha tutti gli elementi interconnessi. Inoltre, il pilone aveva protezioni insufficienti. Per il porto di Baltimora, che ha sospeso l'attività, c'è un problema serio, perché andrà rimosso lo scheletro del ponte. Si tratta per di uno dei porti più importanti per il trasporto di automobili. Dal Mar Rosso all'incidente di Baltimora: non è un buon periodo per i cargo.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA