Perché Israele non attacca Gaza via terra? La minaccia di Hezbollah, le strategie, l'incognita futuro: cosa sappiamo

Dopo l'assalto di Hamas del 7 ottobre e l'ultimatum, il freno alle operazioni

Israele, perché non attacca Gaza via terra? La minaccia di Hezbollah, le visite diplomatiche, le strategie future: cosa sappiamo
di Raffaella Troili
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Giovedì 19 Ottobre 2023, 11:41 - Ultimo aggiornamento: 17:12

L'ora X, quella tanto minacciata, dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre, è arrivata per gradi. Di fatto l'assalto finale a Gaza annunciato dalle forze israeliane non c'è ancora stato. Perché? Secondo il sito spagnolo Abc international «L'ipotesi principale è stata la crescente preoccupazione che Hezbollah stia aspettando il momento in cui la maggior parte delle forze di terra dell'IDF si concentrerà su Gaza per aprire un nuovo fronte nel nord». Sempre per Abc: «La diplomazia ritarda l’operazione di terra israeliana a Gaza già martoriata come dimostrano le immagini di questi giorni con l'ospedale colpito pesantemente, i corpi di bambini dilaniati  e Israele e Hamas che si accusano l'un l'altro».

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Perché l'offensiva via terra di Israele non è ancora partita?

Abc international osserva come «la sorprendente offensiva di Hamas, che ha fatto 1.300 vittime, il maggior numero di ebrei assassinati dall’Olocausto, sembrava anticipare una risposta forte e un’incursione da terra da parte delle forze israeliane nella Striscia di Gaza.

Oltre ai bombardamenti, che finora hanno ucciso più di 2.000 persone a Gaza, per venerdì o sabato scorso era prevista un'incursione» vera e propria. E le Forze di difesa israeliane avevano imposto lìultimatum per l'evacuazione dei civili dal nord di Gaza. «Dai tamburi di guerra del fine settimana, però, si è passati all'incertezza sull'inizio e se si tratterà o meno di un intervento limitato al Nord o su larga scala».

La diplomazia

L'arrivo di tutte le forze di terra? La diplomazia? E le visite dei maggiori capi di governo internazionali. Anche il numero di ostaggi in mano ad Hamas. Quali i motivi della guerra al rallenty? Per l'Abc conterebbe anche «la posizione dell'Ue secondo cui, sebbene Israele abbia il diritto di difendersi, deve farlo nel rispetto del diritto internazionale» inoltre «si aggiunge l'intensificazione della diplomazia per evitare una risposta eccessiva da Tel Aviv». Martedì il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha visitato Israele. «La Germania è uno dei paesi europei che, a causa del debito storico, si è posizionato maggiormente a favore dello Stato ebraico». Dopo Joe Biden, seguirà il presidente francese Emmanuel Macron. «Ma la visita più attesa (mercoledì 18 ottobre) è quella dello storicamente principale alleato dello Stato di Israele: il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Da quando ha visitato Kiev qualche mese fa, questo è il secondo viaggio non programmato che fa in una zona di guerra». Il suo arrivo secondo Abc «ritarderà ulteriormente l’incursione di terra a Gaza per la quale Israele ha reclutato più di 300.000 riservisti».

La minaccia di Hezbollah

Dietro il ritardo nell’intervento sembrano esserci diversi fattori. Per il quotidiano "The Jerusalem Post", l'ipotesi principale è la crescente preoccupazione che Hezbollah stia aspettando il momento in cui la maggior parte delle forze di terra dell'IDF sarà impegnata a Gaza per aprire un nuovo fronte nel nord. Secondo questa versione, il fatto che Hezbollah non sia ancora intervenuto e abbia mantenuto i suoi attacchi a bassa intensità potrebbe non essere tanto l’effetto deterrente di Tel Aviv quanto piuttosto il fatto che si basi su un’altra elaborata simulazione per generare un senso di sicurezza nell'esercito israeliano. Anche gli ostaggi di Hamas "potrebbero avere un loro peso: uno dei fattori che avrebbero ritardato la controffensiva israeliana "è la pressione dei parenti degli ostaggi di Hamas (si stima siano più di 200) che temevano che l'incursione di terra mettesse a rischio la loro sopravvivenza".

La strategia

L'attacco rinviato è il tema che affronta anche l'agenzia di stampa britannica Reuters. «Israele sta promettendo di spazzare via Hamas con un attacco implacabile alla Striscia di Gaza, ma non ha alcuna chiara conclusione in vista, senza un piano chiaro su come governare la devastata enclave palestinese anche se trionfasse sul campo di battaglia». Reuters ricorda che «Israele ha richiamato la cifra record di 360.000 riservisti e ha bombardato senza sosta la piccola enclave dopo l'assalto di Hamas al sud di Israele il 7 ottobre. La strategia israeliana immediata, hanno affermato tre funzionari regionali che hanno familiarità con le discussioni tra gli Stati Uniti e i leader del Medio Oriente, è quello di distruggere le infrastrutture di Gaza, anche a costo di elevate perdite civili, spingere la popolazione verso il confine egiziano e attaccare Hamas facendo saltare in aria il labirinto di tunnel sotterranei che il gruppo ha costruito per condurre le sue operazioni». Quanto al dopo, «i funzionari israeliani hanno affermato di non avere un'idea chiara di come potrebbe essere il futuro del dopoguerra». 

L'incognita futuro

I funzionari arabi sono allarmati dal fatto che Israele non abbia definito un piano chiaro per il futuro dell'enclave, governata da Hamas dal 2006 e che ospita 2,3 milioni di persone. «Israele non ha una fine per Gaza. La loro strategia è quella di sganciare migliaia di bombe, distruggere tutto ed entrare, ma poi cosa? Non hanno una strategia di uscita per il giorno dopo», ha detto una fonte della sicurezza regionale. Aaron David Miller, esperto di Medio Oriente presso il Carnegie Endowment for International Peace, ha affermato che la visita di Biden gli avrebbe dato la possibilità di spingere il leader israeliano Benjamin Netanyahu a riflettere su questioni come l'uso proporzionale della forza e i piani a lungo termine per Gaza. prima di ogni invasione.

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