Israele, i tre fronti per l'escalation in Medio Oriente: l'offensiva a Rafah, gli attacchi in Libano e la risposta all'Iran

Missili e droni dal Libano

Israele, i tre fronti per escalation in Medio Oriente: l'offensiva a Rafah, gli attacchi in Libano e la risposta all'Iran
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 18 Aprile 2024, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 07:48

L’offensiva di terra a Rafah nella Striscia, le azioni contro Hezbollah al confine con il Libano a Nord e la ritorsione dopo la pioggia di missili e droni dall’Iran: ecco i tre fronti aperti di Netanyahu. Il premier israeliano ieri ha stretto la mano ai ministri degli Esteri Annalena Baerbock (tedesca) e David Cameron (britannico) andati fino in Israele per chiedergli moderazione. Li ha ascoltati e si è prestato alle foto di rito. Poi, però, ha mantenuto la sua posizione e ha spiegato: Israele non si ferma, risponderemo all’attacco iraniano. Ha detto il primo ministro dello Stato ebraico in una riunione di governo: «Sono appena tornato dagli incontri con i ministri degli Esteri di Gran Bretagna e Germania. Nelle 24 ore precedenti ho parlato con il premier britannico Rishi Sunak e presto parlerò anche con altri leader. Ringrazio i nostri amici per il loro sostegno alla difesa di Israele e lo dico, sia a parole che nei fatti. Apprezzo tutti i tipi di suggerimenti e consigli, ma voglio che sia chiaro: prenderemo le nostre decisioni e lo Stato di Israele farà tutto il necessario per difendersi». Come dire: andiamo avanti. Non solo: secondo quanto riferito ieri da alcuni media israeliani le truppe sono state mobilitate, sono state anche preparate 40mila tende per evacuare i civili, dunque starebbe per cominciare l’offensiva di terra a Rafah, nell’ultimo spicchio meridionale della Striscia di Gaza. Nonostante le richieste giunte da più parti perché si eviti questo nuovo probabile bagno di sangue, l’attacco starebbe per cominciare.

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Dubbi

Ieri intanto i miliziani di Hezbollah sono tornati a colpire nel nord di Israele, lanciando missili e droni dal Libano. Quattordici soldati dell’Idf sono rimasti feriti e sei di questi sono molto gravi. Medicati in ospedale anche quattro civili. In serata c’è stato un raid aereo dell'aviazione israeliana nella regione di Baalbek, roccaforte degli Hezbollah. L’Idf ha anche annunciato: «La 91esima Divisione Regionale “Galilea” ha concluso un'esercitazione su larga scala nel Nord di Israele, simulando scenari di attacco e difesa.

Serve ad accelerare la preparazione per la difesa e per un massiccio attacco nell'arena settentrionale». L’offensiva a Rafah sarebbe comunque uno scenario differente, collegato alla guerra cominciata il 7 ottobre dopo il massacro compiuto da Hamas, rispetto all’annunciata ritorsione contro Teheran per l’attacco di sabato. Il tipo di risposta alla pioggia di missili e droni iraniani è stato già definito dal Gabinetto di guerra e dall’Idf, ma ovviamente non è stato comunicato, mentre ancora non c’è una decisione sul giorno in cui sarà messo in pratica. Ieri, in un editoriale pubblicato dal Wall Street Journal in cui ha chiesto al congresso di sbloccare gli aiuti per Ucraina e Israele, il presidente americano Joe Biden ha anche scritto: «Se l’Iran riuscisse a intensificare in modo significativo il suo attacco contro Israele, gli Stati Uniti potrebbero essere coinvolti». L’altro giorno il comandante dell'Idf, Herzi Halevi, aveva affermato: «La risposta ci sarà», ma si è anche parlato della necessità di lasciare trascorrere alla popolazione una Pasqua ebraica tranquilla. Bene, questa ricorrenza, la festività di Pesach, comincerà lunedì e terminerà il 30 aprile. Dunque, l’attacco israeliano potrebbe avvenire o entro la fine di questa settimana o nei primi giorni di maggio. Ma sono solo ipotesi perché ovviamente per essere efficace questo tipo di azione militare deve giocare anche sul fattore sorpresa: ogni parola, ogni sfumatura, va soppesata perché potrebbe semplicemente rappresentare un diversivo.

Secondo il Wall Street Journal Israele si sta comunque coordinando con i paesi arabi della regione, in modo che la ritorsione non vada comunque a causare un aumento della tensione che coinvolga anche quegli Stati che di fatto si sono schierati con Tel Aviv, in chiave anti iraniana. Una delle ipotesi è che l’Idf colpisca basi di Teheran ma in territorio siriano. Quelle frasi lasciate trapelare da Netanyahu sui media locali - «grazie per i suggerimenti, ma sulla difesa di Israele decido io» - rappresentano anche un punto fermo che si aggiunge alle preoccupazioni degli alleati, Usa compresi, per l’isolamento israeliano che si è accentuato a causa della scarsa tutela dei civili nel corso della guerra a Gaza, dove il conto delle vittime palestinesi è ormai a quota 34mila.

Richieste

Cameron ieri dopo l’incontro con Netanyahu ha tentato di mediare: «È chiaro che gli israeliani stanno prendendo la decisione di agire. Il Regno Unito spera si faccia in modo che si aggravi il meno possibile la situazione». Anche il cancelliere tedesco Scholz ieri è tornato a chiedere «moderazione» a Netanyahu, ma questi appelli hanno già dimostrato di avere scarsa efficacia quando tutti i leader, a partire da Biden, hanno chiesto una maggiore tutela dei civili palestinesi nel corso dell’offensiva a Gaza. Nel governo israeliano poi ci sono le solite voci estremiste che vorrebbero una ritorsione ancora più dura di quella pianificata. Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ad esempio ieri ha invocato una «risposta sproporzionata» che «dovrebbe scuotere Teheran, così tutti capiranno che non dovrebbero scherzare con noi». E domani al consiglio di sicurezza dell’Onu si discuterà della richiesta palestinese di diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite. Scontato il veto degli Stati Uniti, che sono favorevoli al riconoscimento di uno Stato palestinese, ma solo dopo un percorso negoziale con le parti in causa.

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