Prove di guerra al confine tra Libano e Israele. Dopo che il presidente iraniano Raisi ha dichiarato sabato che se continua l’offensiva di Israele a Gaza non si può restare inerti e una risposta dovrà esserci, sul terreno sale il livello di fuoco tra le postazioni degli Hezbollah filoiraniani e l’esercito israeliano nelle regioni frontaliere. Razzi e colpi di mortaio sul Nord di Israele dal lato libanese, caccia e droni e artiglieria da quello israeliano. A prendere l’iniziativa sono gli sciiti Hezbollah, colpiscono diverse località dentro lo Stato ebraico. Sette i soldati israeliani feriti, una decina i civili tra cui 6 “elettricisti”, stando alle autorità di Tel Aviv, tecnici dell’intelligence secondo Hezbollah. Uno in condizioni critiche, portato in ospedale con un elicottero. In coma.
Nel mezzo c’è il contingente dell’Onu, Unifil, forte di oltre mille italiani, e un casco blu ghanese rimane ferito da colpi d’arma da fuoco anche se non sembra chiaro chi gli abbia sparato e le indagini, come di prassi, sono «in corso». I video dei combattimenti mostrano un missile israeliano che in una nuvola di fumo centra quella che viene indicata come una postazione di Hezbollah che si stava preparando a colpire. In un altro, una fila di veicoli è stata bersagliata da proiettili degli sciiti. Non è ancora la guerra, ma la dimostrazione che il leader di Hezbollah, Ismail Nasrallah, dosa la forza di fuoco impiegata ogni giorno in base agli sviluppi militari sul terreno a Gaza e di quelli delle diplomazie arabe e occidentali.
IL RISCHIO ESCALATION
Intanto, il segretario generale dell’Onu, Guterres, ribadisce la «preoccupazione» per un allargamento del conflitto. Quello che vorrebbero evitare anche gli Stati Uniti di Biden e del segretario di Stato Blinken, e i Paesi arabi che hanno relazioni diplomatiche con Israele (vedi Giordania, Egitto, Emirati arabi uniti) o che si preparavano ad averle (vedi l’Arabia Saudita).
Per il momento, le portaerei americane nel Mediterraneo orientale e i numerosi avvertimenti di Blinken hanno tenuto a freno le velleità di entrata diretta nel conflitto di Iran e di Hezbollah, la cui forza militare è valutata dieci volte quella di Hamas e che potrebbe aprire il varco alla destabilizzazione di tutta l’area mediorientale. Altre milizie filo-iraniane sono presenti al confine tra Israele e Siria, in corrispondenza delle alture del Golan.
LA LINEA BLU
«Gli attacchi contro civili o personale delle Nazioni Unite - recita una nota del contingente Unifil - sono violazioni del diritto internazionale e possono costituire crimini di guerra». Segue il canonico invito «a tutte le parti» a cessare il fuoco e garantire la sicurezza «non soltanto delle forze di pace, ma di tutti i civili che vivono intorno alla linea blu», che funge da linea di demarcazione tra Libano e Israele. Gli attacchi con proiettili di mortaio e razzi anticarro teleguidati da Hezbollah hanno colpito l’altura di Dovev, ad appena mezzo chilometro dalla linea blu. Secondo Hezbollah, il bersaglio era un gruppo di soldati che installava sistemi elettronici di sorveglianza delle postazioni libanesi. Al contrario, la Israel Electric Corporation sostiene che erano tecnici civili che stavano ristabilendo le linee elettriche interrotte. Altri attacchi su Zarit, Yifatch e Aramshe. Segno di un aumento deliberato della tensione. Immediata la reazione israeliana, il contro-fuoco sui punti di provenienza dei tiri, e la neutralizzazione di “cellule terroristiche” lungo la linea blu. Il fatto che non sia ancora guerra conclamata fa dire al premier libanese, Najib Miqati, di sentirsi «rassicurato dalla saggezza» di Hezbollah che avrebbe «mostrato molto patriottismo». «Stiamo mantenendo la nostra moderazione - spiega - ma Israele deve fermare le continue provocazioni, il Libano non farà nulla che possa alimentare ulteriori conflitti regionali». Sabato il ministro della Difesa israeliano, Gallant, aveva ammonito che Israele avrebbe attaccato anche Beirut, se Hezbollah avesse «superato la linea rossa».