Tangenti e rifiuti, così lo scoop di Fanpage ha svelato tre indagini della Procura

Tangenti e rifiuti, così lo scoop di Fanpage ha svelato tre indagini della Procura
di Leandro Del Gaudio
5 Minuti di Lettura
Domenica 18 Febbraio 2018, 11:26
Tre inchieste sull'emergenza rifiuti in Campania, indagini di quelle che promettevano sviluppi, due pool di magistrati che lavoravano in modo autonomo, puntando ad obiettivi diversi. Poi, all'improvviso, alle porte della Procura di Napoli bussano quelli di Fanpage, che raccontano il loro lavoro, la fatica degli ultimi sei mesi. Ed è così che due mondi, quello delle indagini penali della Procura napoletana, e quello dei giornalisti di Fanpage entrano in contatto, con risultati ed esigenze non sempre compatibili. Una storia, quella della spy story all'ombra dei rifiuti che si è abbattuta sulla campagna elettorale campana, che ha un retroscena preciso: l'incontro tra il direttore di Fanpage e i vertici della Procura di Napoli, per costruire un dialogo che si consuma tra la fine di dicembre e i primi giorni di gennaio.
 

Proviamo ora a fare chiarezza sul retroscena che sta alla base della decisione di pubblicare scoop giornalistici da un lato, e di procedere a blitz, perquisizioni e iscrizioni di nomi eccellenti tra gli indagati dall'altro. Da mesi, in Procura si conducono almeno tre indagini sugli sviluppi più recenti dell'ormai atavica emergenza rifiuti. La prima, quella con lo spessore «politico-istituzionale» più alto riguarda le ecoballe: c'è una disponibilità economica di oltre quattrocento milioni di euro, ci sono state due gare assegnate, ma un terzo lotto di lavori è andato deserto, nel corso di una procedura che è diventata oggetto di attenzione investigativa. C'è un'ipotesi di fondo coltivata ai piani alti della Procura: quella di un cartello di imprese in grado di ostacolare l'assegnazione degli appalti, quasi come se ci fosse un gruppo di potere disposto a fare cartello. Poi ci sono altre due indagini, entrambe ruotano attorno alla Sma, la centrale regionale in materia di rifiuti (terra dei fuochi, incendi, fanghi tossici, depuratori), all'ombra della quale si sarebbero consumati accordi illeciti: un filone di indagine punta sul consigliere regionale Luciano Passariello e su alcuni suoi collaboratori distaccati in Sma; mentre c'è un altro filone che punta a verificare il ruolo dei clan Cimmino (Vomero) e Bidognetti (area casalese), che avrebbero imposto i propri imprenditori nello smistamento dei rifiuti del polo ospedaliero o dei depuratori.
 
Insomma, tre inchieste con destini differenti, almeno fino a quando Francesco Piccinini, direttore di Fanpage, non fa il passo verso la Procura. Fine dicembre, il giornalista incontra il procuratore Gianni Melillo e il suo braccio destro, il capo della Dda Giuseppe Borrelli. Un faccia a faccia nel quale il giornalista racconta lo sforzo della sua redazione, con sei mesi di lavoro sotto traccia del cronista Sasha Biazzo, ma anche della straordinaria specificità delle indagini condotte: la presenza di Nunzio Perrella come agente provocatore. In sintesi, il direttore di Fanpage racconta il ruolo dell'ex boss della camorra, dell'ex pentito che - per almeno venti anni - ha vissuto a tu per tu con agenti del sistema di protezione, con reparti investigativi. Un nome che qui a Napoli, specie in Procura, tutti conoscono, quello di Perrella. Due anni fa, interviste e dichiarazioni rese ai giornali furono considerate di poco conto dai pm napoletani, né venne presa in considerazione la possibilità di reintrodurre Perrella in un circuito protetto.

Che fare? Da un lato l'esigenza di segretezza delle indagini, dall'altro il diritto di un gruppo di giornalisti di pubblicare gli esiti della propria inchiesta. Prima ancora di prendere visione dei filmati, la Procura ricorda al direttore di Fanpage che la legge consente di usare un cittadino come «agente infiltrato», ma solo se inserito in una squadra di pg, sotto lo stretto coordinamento del pm, passando attraverso l'autorizzazione di un giudice. Un'ipotesi su cui Piccinini prende tempo, anche perché c'è la consapevolezza che agire da «infiltrato», portare avanti un'inchiesta che non ha come obiettivo la pubblicazione del proprio lavoro comporta la radiazione dall'albo dei giornalisti. Piccinini prende tempo. Tra dicembre e gennaio ci sono altri colloqui in Procura o in Questura, questa volta al cospetto con funzionari della Mobile o con esponenti dello Sco. Ma lo scenario cambia quando per la prima volta vengono visionati i filmati, proprio a partire dal ruolo di Nunzio Perrella e dei giornalisti in campo: non sono semplicemente «infiltrati», non si limitano ad agire sotto copertura in un luogo dove ipoteticamente si consumano dei reati. Anzi. L'interpretazione della Procura è diversa: Perrella e company agiscono come «agenti provocatori», sembrano costruire un reato, nel tentativo di mettere con le spalle al muro il proprio interlocutore. Ed è immediata la decisione della Procura di Napoli di iscrivere nel registro degli indagati i protagonisti dell'inchiesta di Fanpage, a partire dal direttore, con l'accusa di corruzione. Ed è questo il motivo che rende sempre più «freddo» il rapporto tra inquirenti e giornalisti. Arriviamo poi alla prima parte di febbraio, siamo tra il tre e l'otto di questo mese, quando Perrella e i suoi «agganciano» Roberto De Luca, assessore al Bilancio a Salerno, figlio del governatore della Campania. Ci arrivano tramite una serie di «contatti», su cui la Procura vuole chiarezza.

Stando al video diffuso ieri, a portare Perrella nello studio di De Luca ci pensa un non meglio identificato «ingegnere», uno che dice di essere rimasto deluso dal sistema di smaltimento e che si propone di far entrare in contatto Perrella con un commercialista. La storia è nota: si va nello studio di Francesco Igor Colletta, che crea il ponte con De Luca Jr, per poi chiudere la partita con un terzo incontro, quello della presunta tangente del 15 per cento. Una ricostruzione che punta a dimostrare l'esistenza di un potere familistico su scala regionale, in cui il figlio del presidente della Regione riceve imprenditori che puntano agli appalti delle ecoballe, pur non avendo alcuna competenza. Una ricostruzione che viene raccontata quasi in tempo reale ai pm della Procura, ai quali il direttore di Fanpage anticipa anche la decisione di dare fuoco alle polveri: «Pubblico tutto per sabato 17 febbraio», spiega il direttore Piccinini, dando però la stura alla contromossa della Procura. Che giovedì acquisisce (e non sequestra, ndr) i video di Fanpage, mentre manda a perquisire lo studio di Roberto De Luca, oltre a battere anche le altre piste: blitz mirati anche negli uffici della Sma, del consigliere regionale, fino a discoverare quelle tre indagini nate in questi mesi - curiosamente in parallelo con Fanpage - sull'infinita emergenza rifiuti della Campania.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA