Così resuscita il Cnel: pronte le 48 nomine

Così resuscita il Cnel: pronte le 48 nomine
di Diodato Pirone
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Lunedì 19 Marzo 2018, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 17:22
Si rimette in piedi il parlamentino del Cnel, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro che doveva essere abolito con il referendum del 6 dicembre 2016 e che fu salvato dal 60% di “no”.

Il Cnel, che è un organo Costituzionale alla stregua delle Camere, del Quirinale e della Corte Costituzionale, ha già da mesi un nuovo presidente nella persona del giuslavorista ed ex ministro Tiziano Treu, e ora dovrebbe ottenere il via libera dal prossimo Consiglio dei ministri, forse mercoledì, alla nomina dei 48 consiglieri indicati dai sindacati e dalle associazioni dei datori di lavoro. Si dovrebbe trattare di 7 rappresentanti della Cgil, di 6 di Confindustria e Cisl, 3 della Uil più quelli di una lunghissima lista di organizzazioni d’ogni genere con un solo candidato. Tutti assieme costoro ricostituiranno l’ assemblea del Cnel scaduta ormai da anni.

IN LISTA D’ATTESA
L’assemblea è il cuore del Cnel, pensato dai Costituenti nel 1946 come camera di compensazione del mondo del lavoro sulla base della cultura corporativa di matrice cattolica che si era affermata in alcuni paesi europei, in particolare in Francia, durante gli anni Trenta. Che questi strumenti rappresentativi siano ancora validi ai giorni nostri è oggetto di discussione ma il referendum, almeno per il momento, ha posto fine al dibattito.
Torniamo alle nomine. In realtà bisognerà attendere ancora un po’ di tempo perché i membri del parlamentino del Cnel possano entrare a Villa Lubin, la splendida sede del Consiglio nel cuore di Roma. La procedura prevede che le nomine passino per il consiglio dei Ministri ma che poi vengano controfirmate e rese definitive dalla Presidenza della Repubblica.

In realtà i 48 neo-consiglieri sono in lista d’attesa addirittura da nove mesi. In effetti già la scorsa estate le principali organizzazioni sociali avevano designato i 48 membri del Cnel sulla base della loro rappresentatività. Pareva che tutto filasse senza problemi quando, improvvisamente, sono arrivate altre proposte di nomine da associazioni di datori di lavoro che nel parlamentino del Cnel non erano mai entrate ma che sostenevano di rappresentare quote di imprese non irrilevanti.
Nell’immaginario collettivo le poltrone sono associale alla politica ma in questo caso i cosiddetti organismi intermedi della società hanno sgomitato come non mai: pare infatti che le richieste di posti abbiano superato quota 100 rispetto ai 48 disponibili (cui se ne aggiungono una dozzina riservati agli “esperti”).
Ne è nato un bizzarro caso giudiziario, gestito a fatica dall’Avvocatura dello Stato, fatto di ricorsi e controricorsi fra le associazioni delle imprese, alcune delle quali sostenevano di rappresentare più aziende di altre.
Gli avvocati hanno bruciato così alcuni mesi e poi l’arrivo delle elezioni ha bloccato tutto per una ovvia questione di opportunità politica. Nel frattempo, com’è noto, è stato firmato un accordo fra i sindacati confederali e la Confindustria nel quale anche l’associazione delle imprese accetta di certificare il proprio livello di rappresentanza esattamente come i sindacati dei lavoratori.

Ma come si spiega questa corsa al parlamentino del Cnel? Quali prebende, se ci sono, fanno da molla? Villa Lubin - al centro di qualche polemica per premi distribuiti a dirigenti nonostante il blocco delle attività nella fase di pre-chiusura - oggi dispone di pochi fondi residuali. Si parla di 4-5 milioni per il 2018. Anche il posto di consigliere non sembra molto attraente sul piano economico. Un tempo un consigliere del Cnel poteva contare su una indennità di 20/25 mila euro l’anno. Oggi non ha nessuno stipendio. Ma la Finanziaria dell’anno scorso ha introdotto la possibilità - prima vietata - di ottenere il rimborso delle spese di trasporto e di vitto per i consiglieri che non abitano a Roma purché presenti alle sessioni del parlamentino. Giusto? Sbagliato? Comunque il Cnel riparte da qui.
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