Come difendere la nostra privacy dall’assalto web

Come difendere la nostra privacy dall’assalto web
di Umberto Rapetto
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Venerdì 23 Marzo 2018, 01:06 - Ultimo aggiornamento: 07:50
Attenti alle “impostazioni”
Le precauzioni da adottare cominciano con una corretta definizione delle “impostazioni” del proprio profilo. Lo si può fare al momento dell’iscrizione oppure si può provvedere in un momento successivo: l’importante è non rinviare tale regolazione ad un indefinito “poi lo faccio”, ma dedicare una decina di minuti il prima possibile per poi godersi le opportunità del social network senza eccessive preoccupazioni. Il menu delle impostazioni sul computer si attiva con un clic del mouse sul triangolo rivolto verso il basso che si trova sull’estremità superiore destra dello schermo. Sullo smartphone o sul tablet si deve andare a cercare – in analoga posizione – l’icona del menu con tre trattini orizzontali sovrapposti ed agire con il polpastrello. In ogni caso si apre una tendina dove va selezionata la voce “impostazioni” per provvedere a calibrare limitazioni e permessi, così da definire i margini della propria riservatezza personale, stabilire con precisione i rapporti con gli amici, prendere le distanze da estranei e potenziali intrusi.

La visibilità del profilo
Ogni utente può autonomamente decidere chi può vedere quel che va a pubblicare sulla propria pagina. Può optare per una visibilità totale (a disposizione del pubblico indiscriminato di chi circola su Facebook) oppure apporre dei “filtri” circoscrivendo la platea di chi può accedere a quel che è stato “postato”. La scelta prevede quindi di accordare il permesso a tutti, agli amici, ad alcuni amici selezionati, a tutti gli amici fatta eccezione per alcuni, a nessuno (è prevista anche quest’ultima bizzarra opzione).
Si può agire per tutto quel che verrà pubblicato da quel momento a seguire, ma è data anche la possibilità di intervenire con queste limitazioni anche per post che sono stati realizzati in precedenza.
Analoghe restrizioni si possono applicare ai commenti ai propri post, definendo che possano scrivere solo gli amici, anche gli amici degli amici oppure tutti gli utenti. Vincoli simili sono previsti anche per i “like” (o “mi piace”) e per le altre reazioni che si manifestano in Rete per messaggi, foto o video vivacizzando le pagine online.

Limiti ai tag e agli amici
Il “tag” è una sorta di etichetta che può essere applicata ad una foto o ad un post: si traduce nell’inserimento del nominativo di una persona che risulta “amica” su Facebook e che in questo modo viene collegata a quanto pubblicato. “Taggare” qualcuno significa coinvolgerlo in quel che si sta “postando” e che potrebbe anche essere aggiunto alla pagina del suo profilo. Il rischio di essere “taggati” con un contenuto non di nostro gradimento o con un file multimediale che non riteniamo opportuno è certamente concreto. Per evitare brutte sorprese e situazioni imbarazzanti è bene mettere in atto freni e condizionamenti a nostra tutela. I tag possono essere rimossi dal soggetto taggato, ma è preferibile non dover arrivare tardi se qualcuno abbina il nostro profilo ad opinioni o elementi grafici che non ci appartengono o che addirittura possono nuocere alla nostra immagine o recare ben più grave pregiudizio. Si può impostare una barriera preventiva, impedendo totalmente di essere taggati oppure consentendolo solo ad amici fidati.

Non rivelare cosa facciamo
Per evitare l’impropria diffusione di informazioni che ci possono riguardare è opportuno ridurre la diretta esposizione di fatti e vicende personali. Il desiderio di far sapere “cosa facciamo” o, addirittura come ci chiede Facebook, “a cosa stiamo pensando” deve trovare una restrizione spontanea. Dovremmo limitare la nostra “esibizione”, avendo cura anche di ricordare che un “mi piace” di troppo su qualcosa di discutibile potrebbe rivelare controindicazioni anche a distanza di tempo (magari facendoci pentire per un clic che era meglio evitare).
E’ giusto manifestare le proprie opinioni o passioni, ma si deve sapere che tanti dettagli non passano inosservati a chi ha interesse a schedarci e a sfruttare la nostra eccessiva trasparenza per indirizzare al meglio messaggi commerciali o politici.
Molte insidie alla privacy si annidano nelle “app”. Alcune di queste accedono alle informazioni personali e ne fanno un uso che non sempre è condivisibile. Molte si installano approfittando della nostra inconsapevolezza o scarsa attenzione. Nelle “impostazioni” c’è modo di scoprire quali sono e cosa fanno e c’è possibilità di eliminarle.

 
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