La linea dell'Italia, Gentiloni: «L’alleanza è con Washington, ma basi congelate»

La linea dell'Italia, Gentiloni: «L’alleanza è con Washington, ma basi congelate»
di Alberto Gentili
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Domenica 15 Aprile 2018, 00:08
Quando alle dieci e trenta del mattino, dopo una telefonata con Sergio Mattarella, Paolo Gentiloni si è presentato davanti alla stampa, non si è limitato a informare che «L’Italia non ha partecipato all’attacco» in Siria. E a condannare l’impiego delle armi chimiche da parte del regime di Assad e l’uso della forza da parte di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. In un passaggio della dichiarazione, il premier ha affermato: «Abbiamo insistito e chiarito ai nostri alleati che il supporto logistico che tradizionalmente forniamo agli Stati Uniti non poteva in alcun modo tradursi nel fatto che dal territorio italiano partissero azioni contro la Siria».
Una frase gettata lì, ma che rivela la tensione degli ultimi giorni tra Roma e Washington: il rifiuto del governo italiano a permettere ai bombardieri americani di utilizzare le basi di Sigonella, Aviano e Napoli per sferrare l’attacco dell’altra notte contro Damasco e Homs.

LA VISITA A PALAZZO CHIGI
Fonti governative affermano che gli americani hanno chiesto di utilizzare le basi «solo per attività logistica». Ma secondo fonti della Difesa ad avanzare la richiesta era stata, martedì scorso (il giorno prima che Donald Trump annunciasse via Twitter l’attacco: «Russi, preparatevi»), Kelly Dignan, numero due dell’ambasciata americana, che aveva incontrato a palazzo Chigi Maria Angela Zappia, il consigliere diplomatico di Gentiloni. Istruito il dossier, il “no” del nostro governo è arrivato dopo poche ore. Per due ragioni. La prima: in base ai diritto internazionale, anche il semplice uso delle basi trasforma di fatto il Paese ospitante in uno Stato belligerante. La seconda: Gentiloni e Mattarella hanno scelto una linea identica a quella di Angela Merkel: «Non partecipiamo ad azioni militari».

«NIENTE ESCALATION»
Linea ribadita ieri mattina dal premier che, dopo aver confermato la solidità dell’«alleanza con gli Stati Uniti», davanti alla stampa ha tenuto a sottolineare che «l’azione è stata circoscritta e mirata a colpire le capacità di fabbricazione e di diffusione delle armi chimiche». Tra l’altro informando i russi ed evitando accuratamente di colpire le installazioni di Mosca. Insomma, un’operazione dimostrativa. Senza morti e due soli feriti. Ma Gentiloni ha voluto comunque avvertire: «Questo attacco non può essere l’inizio di una escalation. Questo è il momento di mettere al bando le armi chimiche, della diplomazia e del lavoro per dare stabilità e pluralismo alla Siria dopo 7 anni di un conflitto tormentato e terribile». Ancora: «La crisi siriana non può essere risolta con l’uso della forza. L’illusione che con le armi si possa arrivare alla cacciata del dittatore Assad è pericolosa. Ciò che è successo deve restare circoscritto, deve essere un ulteriore campanello di allarme, una spinta a ridare centralità al dialogo e al negoziato».

I CONTATTI DIPLOMATICI
Della questione Gentiloni ha parlato poi con il rappresentante dell’Onu, l’ambasciatore Staffan de Mistura. E con Theresa May: un colloquio telefonico in cui la premier britannica ha confermato a Gentiloni che l’attacco in Siria aveva l’obiettivo di ridurre la capacità delle armi chimiche e non di influire sulla crisi siriana. Ed durante il quale entrambi hanno sottolineato «il carattere limitato dell’azione militare e il no all’escalation». Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha invece parlato con il suo omologo francese Jean-Yves Le Drian. Il senso del colloquio: attacco limitato e concluso, «a meno che non venga di nuovo superata la linea rossa dell’uso delle armi chimiche». La richiesta di Alfano: «No a ogni escalation e immediata ripresa del negoziato in sede Onu».
Della questione riferirà Gentiloni martedì in Senato. La decisione è stata presa dal premier dopo un contatto con la presidente di palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati e dopo la richiesta del presidente della Camera, Roberto Fico di «informare il Parlamento quanto prima» degli sviluppi della crisi siriana.
 
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