Intervista a Jeffery Deaver: «Il mio detective contro il killer del tatuaggio»

Intervista a Jeffery Deaver: «Il mio detective contro il killer del tatuaggio»
di Gloria Satta
3 Minuti di Lettura
Martedì 14 Ottobre 2014, 00:51 - Ultimo aggiornamento: 18:51
È tornato Lincoln Rhyme, il criminologo tetraplegico più famoso del mondo. Coadiuvato dalla partner Amelia Sachs e da una gagliarda squadra di investigatori, in una New York flagellata dal vento e dalla neve deve scovare un serial killer efferato che aggredisce le sue vittime nei seminterrati e le uccide marchiandole con un tatuaggio a base di veleno.

Chi è, cosa vuole? E, soprattutto, perché si ispira alle imprese scellerate del Collezionista di ossa, il criminale che nel passato scuoiava le persone?



IL SEQUEL

Buone notizie per gli amanti delle emozioni forti: domani sarà nelle librerie con Rizzoli L’ombra del collezionista, il nuovo thriller di Jeffery Deaver e undicesimo che ha per protagonista Rhyme, cervello brillante e corpo immobilizzato in seguito a un incidente sul lavoro. La storia ha un ritmo mozzafiato, colpi di scena a raffica, scenari terrificanti: anche questa volta lo scrittore americano, che ama definirsi «un artigiano del brivido» e ha venduto nel mondo venti milioni di libri, non delude. E ci racconta la sua nuova sfida.



“L’ombra del collezionista” è o non è il seguito del “Collezionista di ossa”, il suo maggiore successo?

«Tutti i miei libri su Rhyme contenevano più o meno gli stessi personaggi ma non si riallacciavano al Collezionista di ossa. L’ombra del collezionista, invece, riprende un intreccio che volutamente avevo lasciato aperto in quel mio romanzo del 1997. Ma non dico di più, non vorrei rovinare la sorpresa».



Per curiosità, lei ha dei tatuaggi?

“No. Non sono mai stato il tipo che fa una... dichiarazione destinata a rimanere con me per sempre!».



Com’è cambiato Lincoln Rhyme rispetto alle prime indagini?

Ora accetta di più la sua condizione. Grazie alle cure mediche è riuscito a migliorarla lievemente, ma ha capito che buona parte della sua abilità è dovuta all’immobilità fisica che lo costringe a riflettere e di conseguenza anticipare le azioni dei criminali. L’indagine sul campo rappresenterebbe una distrazione».



Ma come le è venuto in mente di inventare un detective che non può muoversi dal letto?

«Non ne potevo più dei supereroi che risolvono i casi sparando o a colpi di karate: è un cliché. E ho creato un moderno Sherlock Holmes che vince usando solo la testa».



È cambiato il suo modo di scrivere negli ultimi 20 anni?

«Non credo. Sono diventato più efficiente, conosco ormai i meccanismi della scrittura e non devo ogni volta ricominciare da capo. Ma sostanzialmente faccio sempre la stessa cosa: confeziono il miglior libro possibile per i miei lettori, che sono tanti».



Perché qualche anno fa ha lasciato New York dove continua ad ambientare i suoi thriller?

«Stavo diventando vecchio e tutti i miei amici si trasferivano in campagna, così l’ho fatto anch’io. Ma amo sempre New York, che considero la più bella città del mondo».



Spaventa a morte i lettori, ma cosa fa paura a lei?

«Mi fanno paura le classiche cose come le altezze eccessive, ma non le forze occulte, tipo fantasmi e vampiri. E comincio ad accarezzare l’idea di scrivere un horror. Se spaventerò me stesso per primo, vorrà dire che verrà bene».



A proposito di paura, pensa che Ebola stia diventando una psicosi di massa più devastante del terrorismo?

«Penso proprio di sì! Ebola preoccupa di più perché può raggiungerti dovunque a dispetto dei controlli. Governo e polizia stanno lavorando intensamente per fermare i terroristi, ma il virus appare molto più insidioso».



Quando scrive un romanzo, quanto tempo dedica alle ricerche?

«Almeno otto mesi prima di mettermi al computer. Da ex giornalista, mi piace molto. Sono curioso della società e delle persone».



Il suo penultimo libro, “October List”, era scritto al contrario, cioè dalla fine all’inizio. Perché?

«Ho sempre adorato inventare finali a sorpresa e per una volta il colpo di scena l’ho piazzato all’inizio! Una bella sfida, certo, ma i lettori che sono rimasti incollati al libro si sono detti soddisfatti. Secondo qualcuno October List è addirittura il mio miglior romanzo».



Lei era amico di Giorgio Faletti, cosa ricorda di lui?

«Giorgio era un genio in tutte le sue espressioni: come scrittore, come attore, come musicista, come artista. Mi ha sempre impressionato il suo amore per il pubblico: qualunque cosa facesse, era il suo primo pensiero».



Dopo “Il collezionista di ossa”, interpretato da Denzel Washington, anche “L’ombra del collezionista” diventerà un film?

«Temo di no, almeno nell’immediato futuro. Peccato. Sarebbe stato un film terrorizzante».