Un gruppo di ricercatori: «Diventare invisibili è possibile»

Un gruppo di ricercatori: «Diventare invisibili è possibile»
di Paolo Travisi
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Lunedì 30 Aprile 2018, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 22:30

Mesi fa sul Web girava il video di un uomo, di origine asiatica, che indossando un mantello diventava invisibile. Come il maghetto Harry Potter. Era falso, un “fake”. Un artificio reso possibile dalla post-produzione digitale. In verità però il sogno umano dell’invisibilità è possibile, almeno in linea teorica, grazie alle innovazioni tecnologiche nella realizzazione di nuovi materiali. Al Dipartimento d’Ingegneria dell’Università Roma Tre, il prorettore all’innovazione Alessandro Toscano guida, insieme al docente di campi elettromagnetici Filiberto Bilotti, un gruppo di sette giovani ricercatori che studia l’applicazione del cosiddetto mantello dell’invisibilità ad oggetti reali.
 


I LIMITI
Purtroppo però la fantasia è destinata a rimanere tale, almeno per ora. «I limiti fondamentali della fisica ci dicono che non è possibile», precisa Toscano. «Non possiamo rendere invisibili alle frequenze ottiche oggetti grandi come un uomo a una lunghezza d’onda di centinaia di nanometri», aggiunge il collega docente. Stando sempre dalla parte della teoria però, sarebbe possibile rendere invisibile l’uomo intero solo per pochissime frequenze, cioè per alcuni colori.

«Se si dipingesse un essere umano di un verde puro, ammesso che sia realizzabile una vernice di verde assoluto, in linea di principio, si potrebbe pensare di renderlo invisibile» ammette Toscano. Dunque le potenzialità ci sono: sta a chi fa ricerca tentare di superare i limiti invalicabili dalla tecnologia odierna. Esistono infatti esempi concreti in cui l’invisibilità è già una realtà, grazie ai cosiddetti metamateriali. 

I MATERIALI
«Si tratta di materiali artificiali, costruiti con tecnologie già consolidate e a basso costo, che consentono di ottenere funzionalità nuove», considera Bilotti, «e permettono di migliorare dispositivi esistenti o realizzarne di nuovi», come il mantello dell’invisibilità. Come funziona? «Lo costruiamo intorno a un oggetto ed entro certi limiti il campo elettromagnetico, acustico, meccanico gira intorno ad esso e non interagisce, rendendolo invisibile», spiega il docente. Le applicazioni sono numerose. 
Dalle antenne radiomobili ai sistemi radar fino alla sensoristica delle automobili. Nei laboratori dell’ateneo il gruppo ha costruito due prototipi con pochi euro: uno per antenne Lte, l’altro per un radar assorbente destinato alla Marina.

I TERREMOTI
Ma le attività di ricerca internazionale si stanno muovendo anche in campi in cui l’invisibilità può contrastare gli effetti dannosi dei terremoti. «Un gruppo di Marsiglia ha realizzato dei piloni intorno a un edificio, rendendolo invisibile alle onde sismiche, quindi proteggendolo da eventuali danneggiamenti», aggiunge Bilotti. Il team di ricerca a Roma Tre è un esempio di eccellenza italiana, dove alla scarsità di fondi si supplisce con l’ingegno, la creatività e un forte senso di collaborazione. 

«Il nostro sistema universitario è di altissimo livello e riconosciuto all’estero. Uno dei nostri studenti dirige un centro di ricerca a New York e un altro è stato chiamato per un colloquio da Apple», dice con orgoglio Toscano. Ma se la fuga dei cervelli è una realtà preoccupante, alimentata dalle difficoltà di sbocchi professionali adeguati, gli ingegneri dell’ateneo romano sono una realtà in controtendenza. «Se sei una persona capace di fare buona ricerca non è importante dove la fai», dice convinto Davide Ramaccia, ricercatore di 32 anni, «io sono soddisfatto di essere in Italia, basta aprirsi alle collaborazioni internazionali».

CONDIVISIONE
Infatti la peculiarità di questo gruppo è la condivisione. «Ognuno studia un aspetto della ricerca, poi uniamo le idee e nasce il progetto», dice ancora Ramaccia. Questo fa la differenza rispetto al resto del mondo, dove spesso le idee sono custodite gelosamente dai singoli. Un altro giovane, Stefano Vellucci, 29 anni, dottorando in ingegneria, nel 2016 ha vinto il premio “Innovazione per giovani” di Finmeccanica per l’invisibilità delle antenne radiomobili, che consente il funzionamento corretto, senza interferenze seppure a distanza ravvicinata, proprio perché invisibili tra loro. 
Un progetto curato in prima persona, ma dentro al gruppo. E quando si vince, i successi sono di tutti. «Se ricevessi una chiamata da parte di una multinazionale, forse ci penserei - confessa Vellucci - ma noi siamo una bella eccezione, lavoriamo al top nella ricerca, e il mio sogno è fare ricerca qui, in Italia».
 

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