In classe più tardi? «Si studia meglio». L’idea divide la scuola

In classe più tardi? «Si studia meglio». L’idea divide la scuola
di Lorena Loiacono
3 Minuti di Lettura
Lunedì 23 Aprile 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 08:51
La campanella suona, ma solo quando lo studente si sente davvero pronto per entrare in classe. Mai più corse giù dal letto, la sveglia che suona troppo presto e i malumori che scoppiano di primo mattino: potrebbe essere questo il futuro della scuola, senza l’incubo della sveglia.

Con gli studenti che non si ritroveranno più a sbadigliare sul banco in classe. Uno studio dei ricercatori di UC Berkeley e Nordest dell’Illinois University, condiviso qualche giorno fa sul blog di Beppe Grillo, mira a dimostrare infatti che ogni persona ha il suo orologio biologico e ne sono state individuate tre diverse tipologie. Si tratterebbe di un aspetto che va ad influenzare notevolmente le giornate e le attività dei singoli.

I ritmi personali legati al risveglio riescono infatti a condizionare anche il rendimento. Una prospettiva che, avanzata e discussa sul blog più in vista tra gli elettori del Movimento 5 Stelle, potrebbe finire nei progetti del futuro ministro all’istruzione. Anche se esperti e docenti fanno presente sin d’ora che un’idea del genere appare, almeno sulla carta, molto difficile da mettere in pratica in una struttura complessa come quella della scuola italiana.

I RISULTATI
La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, parte dall’assunto che se un ragazzo arriva a scuola sveglio, apprende meglio. Se invece il suo ritmo biologico avrebbe preferito svegliarsi due ore dopo, anche il rendimento in classe sarà posticipato. Gli studiosi dividono gli individui tra nottambuli e mattinieri e usa queste differenze dell’orologio biologico per spiegare le diverse prestazioni scolastiche: in sostanza accade che i corsi programmati per le prime ore della mattinata vedano favoriti gli studenti che, in quelle ore, risultano essere maggiormente attivi.

I ricercatori della Uc Berkeley e della Northeastern Illinois University hanno studiato le attività di circa 15mila studenti dei college, vale a dire in età di scuola superiore. Analizzando le attività svolte nei giorni liberi, hanno confrontato i risultati arrivando così a dividere gli studenti in tre categorie distinte: “le civette notturne” i “fringuelli diurni” e le “allodole mattutine”. In un secondo passaggio hanno incrociato le caratteristiche personali, emerse nei giorni liberi, con gli orari delle lezioni frequentate: è stato quindi possibile quantificare per ciascun intervistato il peso del “jet lag sociale”.

Vale a dire la differenza che esiste tra le regole accademiche e le naturali propensioni dell’organismo dei singoli individui. E il risultato è evidente: solo 4 ragazzi su 10 si trovano in linea con le abitudini sociali. Solo nel 40,4% dei casi infatti si è verificato una piena compatibilità tra le esigenze scolastiche e il cosiddetto “orologio biologico”, termine con cui ci si riferisce a quel meccanismo che regola l’alternarsi tra sonno e veglia.

Quasi un ragazzo su due, invece, stando ai risultati della ricerca entra in classe troppo presto rispetto alle sue esigenze: il 49,2% degli studenti, infatti, segue le lezioni “in anticipo” rispetto ai ritmi naturali. Il rimanente 10% entra in classe invece in ritardo rispetto al proprio ritmo biologico. «Abbiamo scoperto – spiega infatti uno dei co-autori dello studio, il dottor Benjamin Smarr dell’UC Berkeley - che la maggior parte degli studenti subisce un “jet lag sociale” rispetto all’orario di lezione e ciò è legato a una riduzione delle prestazioni accademiche». 

LE OBIEZIONI
Ma il sistema dell’istruzione nel nostro Paese può essere davvero in grado di adeguarsi alle esigenze personali addirittura dei singoli studenti? Presidi, sindacati e personale scolastico sottolineano la velleitarietà di un progetto del genere. C’è anche chi osserva che in fondo costringere i ragazzi a stare sui banchi di mattina presto ha una funzione educativa: è un modo per imparare ad affrontare le difficoltà e le fatiche della vita, cosa che poi dovranno fare quando entreranno nel mondo del lavoro.

Peraltro non tutti gli studiosi concordano con la richiesta di flessibilità negli orari avanzata dai ricercatori di Berkeley. Secondo la Surrey University e l’Harvard Medical School, per esempio, se l’orario scolastico venisse posticipato avrebbe come unico effetto quello di spostare in avanti anche l’orologio biologico degli studenti. In altre parole, i ragazzi si ritroverebbero assonnati in classe non più alle 9 di mattina bensì alle 11, perché andrebbero a letto un’ora più tardi.
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