Morricone, il ricordo di Rutelli: «Un genio mondiale, Roma è stata la sua forza»

Morricone, il ricordo di Rutelli: «Un genio romano e mondiale la Capitale è stata la sua forza»
di Francesco Rutelli*
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Martedì 7 Luglio 2020, 07:34 - Ultimo aggiornamento: 15:36

Il genio e la regolatezza di Morricone sono leggendari, ed autentici. Sono la prova, provata in una lunga vita, che per essere i più bravi al mondo non si deve partire da una posizione privilegiata, e che per avere un talento universale non è necessario essere capricciosi, né dispettosi. La radice di tutto è nella romanità di Ennio.

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IL LUNARIO
Morricone ha raccontato tutto della sua vita, dalle sofferenze degli esordi ai successi. Da Trastevere, alle serate per sbarcare il lunario durante e dopo la guerra, alla passione per la musica contemporanea (Nuova Consonanza). Io lo vedevo passare - ero un ragazzino, sapevo poco di colonne sonore, preferivo giocare a calcetto con Enrico Morsella, nipote di Sergio Leone - mentre scendeva nella saletta della casa dell'Eur per il missaggio di capolavori come C'era una volta il West, o Giù la testa. Però ho capito una cosa: che un grande film poteva diventare grandissimo, se la musica era scritta da Morricone. Il mondo si è inchinato al suo genio. Le sue creazioni sono e resteranno colonna sonora della vita di un'infinità di persone. Quando, nell'ottobre del 2018, gli abbiamo consegnato un Premio alla carriera nell'Università di Roma, i ragazzi che gremivano l'Aula Magna hanno potuto capire qualcosa che spesso noi romani dimentichiamo.
Che Roma è mondiale, che ci si può incontrare oggi in una Università fondata come Studium Urbis 717 anni fa; e che alcuni suoi figli possono diventare mondiali se capiscono, e non diventano superbi.
 

 


QUEL POMERIGGIO
Quel pomeriggio lo spiegò bene un altro due volte Premio Oscar, A. R. Rahman: «Caro Morricone, io ho imparato proprio da lei che la musica può abbattere tutte le frontiere».
Ennio non era politico, come tante altre personalità del Cinema. Però, attenzione: se non si schierava per il potere, se era schivo (volle rinunciare, ad esempio, quando lo nominai nel Consiglio di Amministrazione del Teatro dell'Opera di Roma), aveva però idee chiare. Non rinunciò, da cattolico credente, a sostenere le battaglie radicali per i diritti civili. Rispettava le idee diverse dalle sue, ed aveva valori profondi e intransigenti di libertà e di democrazia.
Il suo rapporto con Roma, la Città Eterna, era minuzioso. In tutti gli angoli della città c'era un ricordo, per lui e per l'adorata moglie Maria: dai locali dove aveva suonato, alle case discografiche, alle sale di registrazione, alle sale di concerto. Ai luoghi delle istituzioni, dell'arte, della bellezza. E' il sapersi nutrire di questa complessità che può rendere genio un talento, e mondiale un punto di vista romano.
Ricordo le sue ultime due case, come metafora della sua vita. Quella in Via dell'Aracoeli, punto di veduta eccezionale sul Campidoglio (oltre che sull'ingombrante Altare della Patria), al compimento di una carriera che gli aveva dato anche fortuna economica.

LA GENEROSITÀ
Posso testimoniare della sua generosità. Gli chiesi di donare al Comune di Roma il brano meraviglioso di C'era una volta il West, che da allora - 1994, direi - continua a consolare chi è costretto ad attendere in linea. E di nuovo gli ho chiesto di usare un suo brano recente per illustrare le drammatiche scene della distruzione dei monumenti da parte dell'Isis per la nostra Campagna in difesa del Patrimonio culturale.

L'ORIZZONTE
L'ultimo sguardo dalla sua nuova casa - in cima a un grattacielo dell'EUR, con una rara veduta su Roma a 360 gradi - resta struggente nella memoria. «Si vede anche il mare, da qui», mi ha detto Ennio. Indicando con la mano che non si può essere romani se l'orizzonte non sa spingersi molto oltre.
Viaggiava malvolentieri, perché era il suo animo, leggero, e la sua creatività, mirabile, a permettere a tutti noi di viaggiare, da Roma, per il mondo.
*presidente Anica
 

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