Conte: «Su dl semplificazioni convergenza con Zingaretti». Fi la forza di opposizione più responsabile»

Conte: «Niente gelo con Zingaretti. Fi la forza di opposizione più responsabile»
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Giovedì 2 Luglio 2020, 15:28 - Ultimo aggiornamento: 3 Luglio, 00:00

Un «chiarimento» c'è: Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti si vedono dopo giorni di «incomprensioni». Ma è una tregua, non una pace. Qualcosa non va negli ingranaggi della maggioranza e lo confermano le parole dei Dem, che dopo l'incontro dicono che «il governo ha la forza per decidere e fare le cose». Il non detto è che quelle cose bisogna farle e non scaricare l'immobilismo sui partiti. «Io e Zingaretti la pensiamo allo stesso modo: bisogna correre», dichiara Conte. E prova a dare la spinta finale al decreto semplificazioni, per portarlo in Consiglio dei ministri nelle prossime ore, al più tardi nel weekend. Ma non basta un nuovo vertice di maggioranza a sciogliere i nodi. E ad alimentare le tensioni tra alleati torna in campo anche la legge elettorale, che il Pd chiede di portare in Aula entro la fine del mese.

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L'incontro

Conte difende quella che ha definito «la madre di tutte le riforme». Lo fa ribadendo ai partiti che ha «frettissima» di approvarla e che non permetterà venga «annacquata» dai loro dubbi o da richieste come quella di Iv di eliminare dal testo le norme sull'abuso d'ufficio (l'accusa è che serva a «salvare» le sindache M5s) e danno erariale. Dichiara, nel corso di una lunga passeggiata nel centro di Roma dopo pranzo, che bisogna «osare», avere «coraggio». E se l'Autorità anticorruzione definisce «rischiose» ipotesi come l'utilizzo di supercommissari sul modello Genova e deroghe sugli appalti, il premier difende proprio quel modello: «Non è ammissibile che in Italia non facciamo o facciamo lentamente per paura di infiltrazioni mafiose o criminali. Il modello Genova ha funzionato». In mattinata il premier torna a riunire i rappresentanti della maggioranza, per trovare un'intesa politica che ancora non c'è, tant'è che più d'uno ipotizza il via libera «salvo intese» in Cdm. I nodi sono la norma sull'abuso d'ufficio, le soglie per gli appalti senza gara, l'elenco di grandi opere pubbliche (dalla dorsale jonica alla Roma-Pescara) da affidare a commissari sul modello Genova e anche, dice Loredana De Petris di Leu, la norma sull'edilizia da cui è stato eliminato il condono ma restano «disposizioni pericolose». Pd e Leu frenano sul tema degli appalti senza gara, M5s e Iv spingono sul modello Genova. Ma nella cinquantina di articoli delle ultime bozze c'è di tutto, dall'obbligo di installare colonnine per la ricarica delle auto elettriche in autostrada all'accelerazione per la banda ultralarga. Sono cambiate, negli ultimi testi, le soglie degli appalti senza gara, introducendo diversi scaglioni per lavori, servizi e forniture tra i 150mila e il milione. Per superare il 'blocco della firma' per danni «cagionati da omissione o inerzia» i funzionari saranno perseguibili per colpa grave, nella riscrittura della responsabilità erariale. Anche di questo Conte parla a tu per tu con Zingaretti in un colloquio a Palazzo Chigi lungo un'ora. Il premier aveva bollato come «chiacchiericcio» le cronache di un gelo crescente tra i due. Ma qualche problema c'era e resta forte il pressing Pd per cambiare passo all'azione di governo. Il segretario ricorda al premier che i Dem già ad aprile proponevano un decreto semplificazioni: ora non vogliono essere descritti come quelli che frenano. 

 
 

Sul piano politico, Conte dichiara in pubblico che sarebbe «una sconfitta per tutti» se M5s, Pd, Leu e Iv non fossero alleati anche alle regionali. E Zingaretti apprezza. Ma all'ennesima riunione di maggioranza (senza Iv) è di nuovo fumata nera nella ricerca di un candidato unico in Liguria. In più al voto di settembre, è il pressing del Pd, il governo non può presentarsi con tanti dossier, da Aspi ai decreti sicurezza, ancora fermi: «Non chiediamo la luna ma di mantenere gli impegni», sintetizza una fonte. Sul Mes il premier rinvia la decisione più in là, quando sarà definito il pacchetto di aiuti europei (l'orizzonte è settembre). Il rischio, è l'avvertimento che avrebbe ribadito a Zingaretti, è non reggere la prova dell'Aula al Senato dove il M5s rischia di spaccarsi.

È questo il timore di chi propone di rinviare a settembre anche il nuovo scostamento di bilancio, che potrebbe arrivare a fine mese e aggirarsi attorno ai 15 miliardi, e che dovrà essere votato con la maggioranza assoluta (ma questo voto, più 'popolarè, impensierisce meno). Entro agosto invece il Pd chiede di votare alla Camera la legge elettorale. È un tema di competenza del Parlamento, dice Conte a Orlando che lo incalza durante un vertice di maggioranza. E Graziano Delrio fa calendarizzare l'approdo in Aula per il 27 luglio. L'obiettivo è dare almeno il primo via libera al modello proporzionale con sbarramento al 5% su cui si era raggiunta una prima intesa. Ma Iv ha cambiato idea e ora propone «il modello dei sindaci». «Fuori dal palazzo la priorità è la crisi economica», taglia corto Ettore Rosato. «Si possono fare due cose insieme», risponde puntuto Orlando. Non un buon viatico. Neanche per la trattativa sulle presidenze delle commissioni alla Camera, che si votano il 14 luglio. La corsa è accaparrarsi gli scranni dei leghisti (Iv ne invoca 2 per sé). Ma un'intesa ancora non c'è.
 

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