Elezioni regionali, dalla Sardegna all'Abruzzo e la Basilicata, quanto pesa il voto regionale sugli equilibri nazionali

La Sardegna è al rush finale, poi toccherà alla Basilicata, all'Abruzzo e al Piemonte. Il voto regionale ha un peso specifico anche sugli equilibri nazionali, soprattutto della maggioranza.

Elezioni regionali, ecco come potrebbero cambiare gli equilibri nazionali
di Monica De Chiari
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Martedì 20 Febbraio 2024, 13:34 - Ultimo aggiornamento: 20:56

Il 2024 come banco elettorale di prova, una definizione appropriata sia a sinistra che a destra, anzi per il governo si tratta di un anno da elezioni di midterm. Non si parla soltanto dell'appuntamento europeo di giugno, ma di molte regioni che, chi tra settimane e chi tra mesi, si recheranno alle urne, arrivando potenzialmente a cambiare gli equilibri politici fino ad oggi esistenti, specialmente quelli interni alla maggioranza di governo. La gara tra Meloni, Salvini e Tajani a chi pianta più bandierine in giro per l'Italia si è fatta di giorno in giorno sempre più serrata.

La Sardegna 

Ad aprire la tornata elettorale sarà la Sardegna dove contro la candidata del campo largo con il centrosinistra Alessandra Todde, i tre alleati di governo hanno schierato Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari e amico intimo della premier, che lei stessa ha voluto candidare a discapito del volere di Matteo Salvini, il cui obiettivo era quello di ripresentare il governatore uscente leghista Christian Solinas.

Una possibilità che il leader della Lega ha visto sfumare di fronte ad un ordine meloniano. Un primo ostacolo potenzialmente divisivo, rientrato sul finale. Da qui il motivo per cui domenica dunque è senza dubbio il primo test sulla tenuta elettorale della destra al governo, una verifica che la struttura sia solida dopo vari scossoni. I leader della coalizione, Meloni, Salvini Tajani e Lupi domani pomeriggio saliranno sul palco della Fiera di Cagliari per tirare la volata finale al loro candidato Truzzu. Detto questo non è tutto oro quel che luccica, l'imposizione arrivata da Palazzo Chigi sull'uscita anticipata di Solinas ancora brucia e la Lega aspetta da settimane che venga definita la compensazione per essere stata costretta a rinunciare al suo candidato. Un risarcimento, quello invocato da Salvini, di cui molto probabilmente si parlerà oggi al tavolo di maggioranza sugli enti locali.

La Basilicata, l'Abruzzo e il Piemonte 

Ma non bisogna escludere dal gioco Forza Italia. Ieri è stato reso noto che la Basilicata andrà al voto il 21 e 22 aprile  e i post berlusconiani non hanno perso tempo, sventolando prontamente il loro vessillo, così da ricordare agli alleati (più di tutti la Lega) che il posto del governatore Guido Bardi deve restare blindato. "Forza Italia dovrà avere un ruolo importante nel prossimo governo regionale", ha detto il capogruppo FI Paolo Barelli, convinto che anche in questo caso "il controdestra unito vincerà". Il 10 marzo poi toccherà all'Abruzzo, dove sembra già confermato una sorta di ballottaggio tra il candidato del centrodestra Marco Marsilio, nonché governatore uscente, e il candidato del centrosinistra Luciano D'amico, il risultato di un altro campo largo che vede nuovamente uniti Pd, M5s e Verdi e Sinistra. L'Abruzzo è una delle altre regioni dove ha prevalso il volere del partito della premier, ma dove nonostante questo, senza un'unione d'intenti una vittoria schiacciante non è così scontata. Per il Piemonte l'ipotesi è quella di accorpare il voto regionale alle date scelte per le elezioni europee dell'8 e 9 giugno e anche in questo caso Forza Italia ha lasciato pochi dubbi interpretativi sulla certezza del suo candidato, anche lui governatore uscente Alberto Cirio, tenendo a bada qualunque aspirazione leghista (ma anche di Fratelli d'Italia) sulla regione. Un nome, quello di Cirio, che al momento sembra tenere. 

Il terzo mandato 


Ma l'argomento che più agita gli animi della maggioranza è il terzo mandato per i presidenti di regione e i sindaci delle grandi città. E' un tema che vede ancora Lega e FdI scontrarsi. Il partito della premier rimprovera a Salvini di aver rotto il "patto" suggellato quando il governo ha detto sì al terzo mandato per i sindaci dei comuni sotto i 15 mila abitanti e a nessun limite sotto i 5 mila. Poi però Salvini ci ha ripensato. L'emendamento presentato dalla Lega in commissione Affari Costituzionali del Senato sarà votato giovedì, a meno che Salvini non decida di fermare tutto e ritirarlo. Per Giorgia Meloni la partita è già chiusa, il che vuol dire che sul suo no alla ricandidatura di Luca Zaia alla guida del Veneto non c'è nemmeno da discutere e Forza Italia è assolutamente d'accordo. Salvini dovrà dunque decidere se tenere il punto e rischiare di creare una crepa irreparabile all'interno della maggioranza, o accettare che Zaia si sfili definitivamente da un terzo giro di giostra lasciando il posto ad altri, mantenendo per il momento intatta l'alleanza con Meloni e Tajani. 

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