Giustizia, i giudici sono in fuga da sanzioni e responsabilità civile: in 12 anni solo 8 condanne

L’ultima riunione del plenum del Csm
di Valeria Di Corrado
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Domenica 12 Maggio 2024, 05:40

La responsabilità civile dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni esiste, ma molto raramente sfocia in provvedimenti che vanno a intaccare le loro tasche. Al pari degli altri dipendenti pubblici, è una responsabilità indiretta: grava cioè sullo Stato. Quando però lo Stato cerca di rivalersi sulla toga ritenuta responsabile dell’errore, resta a mani vuote. Dal 2010 al 2022, infatti, su 644 azioni di rivalsa avviate dal presidente del Consiglio, solo 8 magistrati sono stati condannati (circa l’1,2% del totale). Intanto a giudicare sono i loro colleghi; inoltre, per arrivare a una sanzione nei confronti della toga, il giudice ordinario deve dimostrare che il provvedimento giudiziario contestato sia stato adottato con «dolo» o «colpa grave», oppure in seguito «a diniego di giustizia», inteso come il rifiuto, l’omissione o il ritardo nel compimento di atti del suo ufficio. Per questo ieri su “La Stampa”, il vicepremier Matteo Salvini è tornato a sollecitare una riforma della giustizia che vada anche in questo senso: «La responsabilità civile dei magistrati, personale e pecuniaria per quelli che sbagliano con dolo, secondo me eviterebbe alcuni problemi. Non ci può essere una casta al di sopra di tutto che non risponde mai di niente».

LA NORMATIVA
La responsabilità civile per le toghe fu introdotta per effetto del referendum abrogativo del 1987, sull'onda del clamore suscitato dall’arresto di Enzo Tortora: l’80,2% degli italiani voleva che le regole cambiassero. Venne così promulgata la legge n. 117 del 1988 (detta anche legge Vassalli), che non lasciò soddisfatti i Radicali, promotori del referendum. Alcune modifiche legislative (ancora in vigore) sono state introdotte con la legge n. 18 del 2015, anche al fine di adeguare l’ordinamento italiano alle indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Il nuovo testo voluto dall’allora Guardasigilli Andrea Orlando ha mantenuto saldo il principio della responsabilità indiretta del magistrato (l'azione risarcitoria resta cioè azionabile nei confronti dello Stato), ma ha limitato l’applicazione della «clausola di salvaguardia»: nei casi di dolo, colpa grave e violazione manifesta della legge della Ue, anche l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove può dare luogo a responsabilità del magistrato. È stato inoltre eliminato il cosiddetto «filtro di ammissibilità» della domanda di risarcimento, che prima era preliminarmente oggetto di un giudizio davanti al Tribunale competente ed è stato ampliato il concetto di «colpa grave», includendovi anche il «travisamento del fatto o delle prove».

Infine è stato esteso da uno a due anni il tempo a disposizione del presidente del Consiglio per esercitare l'azione di rivalsa verso il magistrato.

In tutte le restanti ipotesi di danno erariale arrecato allo Stato, la giurisdizione passa alla Corte dei conti: come il danno di immagine arrecato alla propria amministrazione dalla toga condannata per gravi reati nell’esercizio della sua funzione, i danni da uso non istituzionale di auto di servizio oppure dall’omesso o tardivo dissequestro di beni dopo sentenza penale. Ai giudici contabili è attribuita anche la rivalsa verso il magistrato per danni risarciti dallo Stato a terzi per l’irragionevole durata del processo. In sintesi si valutano in sede giuscontabile le stesse circostanze che la sezione disciplinare del Csm vaglia in sede punitiva interna.

PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI
Peccato però che il 99% delle segnalazioni disciplinari finisce nel nulla. In base ai dati contenuti nell’ultima relazione del procuratore generale dalla Cassazione Luigi Salvato. Nel 2023 sono stati 15 i magistrati “condannati” dal Consiglio superiore della magistratura: 8 di loro con la censura, la sanzione più lieve. Il numero delle azioni disciplinari avviate l'anno scorso è stato di 90, in calo rispetto alla media degli ultimi 5 anni. Per non parlare di tutte quelle che nemmeno finiscono a Palazzo Marescialli, perché archiviate nel cosiddetto “pre-disciplinare” dal pg della Suprema Corte che decide quale procedimento mandare avanti e quale no.

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