Terrorismo, Alfano: «Controlli sui finanziamenti islamici»

Alfano
di Marco Ventura
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Domenica 7 Agosto 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 9 Agosto, 08:27

Controlli più stretti, anche attraverso una nuova unità della Guardia di Finanza che indaga sui flussi di finanziamento alle realtà islamiche. Poi prosecuzione del monitoraggio capillare dei foreign fighter italiani «uno per uno». L’allerta che rimane «al secondo livello, quello che precede l’attacco terroristico». E un segnale politico forte: «La linea? È quella di non confondere terrorismo e immigrazione». Infine, l’appello a ogni singolo musulmano: «Denunciate i jihadisti». Questa la risposta del governo all’Isis, nelle parole del ministro dell’Interno, Angelino Alfano. 

Mohamed Khemiri, il tunisino arrestato nel casertano che diceva di essere dell’Isis «finché vivrò», era custode della Moschea di San Marcellino e l’Imam aveva partecipato all’invito alla preghiera in parrocchia. Possibile che nessuno nella comunità si fosse accorto del suo delirio?
«Abbiamo già arrestato diverse persone segnalate dalle comunità, c’è collaborazione tra noi e loro. Ma le comunità possono fare di più. Vuol sapere il paradosso? In un’interrogazione al Senato sul terrorismo mi è stato obiettato che tutti i jihadisti verrebbero arrestati su segnalazione delle comunità, quindi noi che cosa ci stiamo a fare? Paradosso infondato: le segnalazioni ci sono, ma le comunità islamiche faticano ancora ad avere un atteggiamento di assoluta intransigenza. Anzi, il fatto che sia funzionando l’attività repressiva può favorire il salto culturale e indurre le comunità a scelte di denuncia radicali».

Ci sono però comunità importanti come il Caim lombardo che non siedono nei vari tavoli istituiti presso il Viminale, mentre ce ne sono altre moderate ma non altrettanto rappresentative. Com’è possibile? 
«Ci siamo sforzati di coinvolgere tutte le organizzazioni rappresentative, tali però da avere referenze positive per poterle accogliere al Viminale. Ciò non vuol dire che chi non siede ai tavoli fiancheggi i terroristi, ma proprio la struttura diversa delle comunità islamiche dalla Chiesa cattolica che è una gerarchica, Papa cardinali vescovi e parroci, impedisce di avere interlocutori che rispondano per tutti…».
 
Quale appello sente di rivolgere alle comunità islamiche in Italia?

«Un appello non solo alle comunità ma ai singoli fedeli: denunciate i jihadisti, perché questo è a salvaguardia della vostra libertà di preghiera che lo Stato riconosce, e anche dello stesso Islam, perché chi uccide nel nome di Allah lo fa tenendo prigioniero un Dio e non lo rispetta, né lo venera. Nessun Dio, infatti, autorizzerebbe mai una simile barbarie».

Quali controlli sui finanziamenti da paesi islamici a moschee-garage?
«Noi facciamo parte di piattaforme internazionali condivise anche con gli Stati Uniti per il controllo dei flussi finanziari al terrorismo, abbiamo un comitato di sicurezza finanziaria istituito dopo l’11 Settembre, e attraverso il ministero degli Esteri siamo il riferimento di un progetto europeo sul controllo di flussi finanziari che sono in aumento. Le darò una notizia: il comandante generale della Guardia di Finanza ha istituito, in sintonia con direttive nostre e col comitato analisi strategica antiterrorismo, un’apposita unità per il controllo sui flussi finanziari alle realtà islamiche».

Avete censito i luoghi di aggregazione islamica a rischio?
«Se ce ne fossero, a rischio, saremmo già intervenuti. Monitoriamo giorno per giorno i luoghi di culto e abbiamo una strategia per far emergere la realtà di chi “prega nei garage”. Ripeto: lo spontaneismo non gerarchizzato dell’Islam è l’elemento che non rende facile l’individuazione dei soggetti davvero rappresentativi».

Per tornare a Khemiri, lui era un piccolo boss dell’immigrazione…
«Sarebbe profondamente sbagliato confondere terroristi e immigrati. Ciò non significa che dobbiamo abbassare la guardia rispetto all’efficienza e all’impegno nell’identificare chi arriva. Soggetti condannati in Italia che avevano espiato la pena, se n’erano andati e avevano provato a rientrare, grazie all’efficienza dell’identificazione non ci sono riusciti».

C’è o no un rischio di legame tra terrorismo e immigrazione?
«Fin qui abbiamo ritenuto che il rischio non ci sia. Però siamo stati severi nei controlli. Non abbiamo rintracciato un nesso strutturale. Chi scappa dalla guerra, dalla persecuzione, ma anche dalla fame, non è un terrorista che vuole fare stragi, anche se è un irregolare. L’importante è che nessuno sfugga ai controlli e che parta finalmente l’azione europea per i rimpatri».

L’arresto di Khemiri era stato negato due volte dal giudice. Come superare la frustrazione delle forze di polizia?
«Il mestiere della polizia è la prevenzione e il contrasto. Quello dei magistrati è diverso e non sarò certo io ad alimentare uno schema e una polemica giornalistiche da anni ‘80: che la polizia arresta e la magistratura scarcera. Noi come governo abbiamo riconosciuto il ruolo di contrasto della magistratura al terrorismo aggiungendo la lettera ‘T’ a DNA, diventata Direzione nazionale antimafia e… antiterrorismo».

Qualche attenzione in più dopo l’attacco americano in Libia e la messa a disposizione delle nostre basi, in particolare Sigonella?
«Il livello di attenzione è già sufficientemente alto. È il secondo, quello che precede l’attacco. Ringraziando il cielo, le nostre forze dell’ordine e il lavoro di tutti, non c’è stata necessità di alzarlo. Lavoriamo per prevenire, fin qui è andata bene ma il rischio zero non esiste».

Attenzioni in più per i luoghi di villeggiatura?
«Il nostro è un turismo da quattro stagioni, invernale ed estivo, e non è detto che una “non azione” militare in Libia per sradicare l’Isis ci renderebbe più sicuri».

Il vicepresidente pentastellato della Camera, Di Maio, sostiene che aver messo a disposizione le basi ci espone al terrorismo.
«Noi lavoriamo per prevenire il rischio, il livello di attenzione è altissimo, l’azione di prevenzione efficace e i 5Stelle non sono grandi maestri in politica estera e di sicurezza, se consideriamo le performance di Di Battista sulla Nigeria e Boko Haram, e i discutibili contenuti delle missioni in Israele e Palestina dello stesso Di Maio».

L’FBI parla di possibile diaspora di foreign fighter di rientro in Europa quando il Califfato sarà finalmente sconfitto.
«Seguiamo il fenomeno da tempo e siamo periodicamente aggiornati sui movimenti degli interessati, tutti monitorati. L’Italia è uno dei Paesi europei che hanno vissuto di meno, almeno numericamente, il fenomeno dei foreign fighter».

Sull’immigrazione, la situazione di Ventimiglia è esplosiva. Il governatore Toti dice che avete fallito. Cosa risponde?
«A Ventimiglia stiamo evitando un’altra Calais.

Toti fa la sua parte da presidente della Liguria e da alleato della Lega. Noi la nostra: senza le nostre misure, Ventimiglia oggi sarebbe in una situazione drammatica. Nonostante il flusso sia continuo, il numero di migranti è costante. È la prova che le misure funzionano, a dispetto di una strumentalizzazione evidente delle forze antagoniste».

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