Assalti ai bancomat con l'esplosivo, ecco la banda della marmotta in azione tra Foggia e Teramo

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Lunedì 7 Maggio 2018, 17:18 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 19:51

di Teodora Poeta
Sgominata dagli uomini del reparto Operativo dei carabinieri del comando provinciale di Teramo la banda della “marmotta”. Sei i colpi messi a segno e andati a buon fine agli sportelli bancomat tra maggio e dicembre dello scorso anno, quattro in provincia, due fuori regione, per un importo complessivo di 227mila euro. Altri tre assalti sono stati sventati.

In nove all’alba di ieri mattina sono finiti in carcere, un decimo è ancora irreperibile, per associazione per delinquere finalizzata a furti in danno di bancomat, detenzione di porto in luogo pubblico di materiale esplodente, furto aggravato ai danni di bancomat e targhe di autovetture, danneggiamento aggravato degli stabili dove hanno colpito e attentato alla sicurezza dei trasporti.

A finire in manette Pietro e Michele Intenza, padre e figlio, 42 e 20 anni, di Foggia ma residenti a Tortoreto; Luigi De Simone, 58 anni, residente a Orta Nova già in carcere a Vasto; Gabriele De Simone, 33anni, di Cerignola; Massimo Furio, 38 anni, residente a Orta Nova; Giuseppe Pugliese, 40 anni, di Cerignola; Eugenio Cinquepalmi, 30 anni, di Cerignola; Vincenzo Capone, 36 anni, residente a Stornara, e Vincenzo Serra, 33 anni, residente a Barberino di Mugello.

A mettere sulla giusta pista gli investigatori, dopo mesi di assalti, è stato il ritrovamento accanto ad un residuo di bancomat di una lettera con il nome del destinatario, sig. Pietro Intenza, che involontariamente era scivolata dall’auto dei rapinatori. Poi lo scorso ottobre il personale del Norm di Alba ha individuato una Volto V70, parcheggiata in una strada periferica, con la targa anteriore rubata poco prima, nel cui bagagliaio c’era materiale usato per l’assalto ai bancomat: la “marmotta”, ossia un congegno esplosivo; un “ariete” per sfondare gli sportelli, un piede di porco, un passamontagna e dei guanti. Sono state le numerose intercettazioni e i pedinamenti che hanno svelato il resto.

Una vera e propria associazione, come spiega il comandante provinciale, il colonnello Giorgio Naselli, dove ciascuno aveva un ruolo specifico. E persino la cassa era comune e doveva servire anche per coprire le spese per i difensori dei detenuti. Nella banda c’era il titolare di un negozio di telefonia di Orta Nuova, che aveva il compito di organizzare e promuovere gli assalti agli sportelli procurando i mezzi di trasporto, i cellulari e le schede, spesso attivate a ridosso dei colpi. Nel teramano, invece, il ruolo di basisti lo avevano padre e figlio, gli Intenza, titolari di un pub in Val Vibrata. Nove sono in tutto gli assalti che vengono contestati alla banda, compresi quelli tentati. Sequestrati, invece, oltre 10 chili di chiodi a tre punte, materiale esplosivo e ieri mattina una pistola Beretta.

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