Il giudice per l'udienza preliminare Roberta Bossi ha condannato con rito abbreviato a sei anni Tarek Sakher, algerino di 34 anni, e Hossameldin Abdelhakim, egiziano di 43, mentre il fratello Antar, 36, è
stato condannato a cinque anni. Assolto Hosny Mahmoud El Hawary Lekaa, egiziano di 31. Il magistrato ha anche disposto l'espulsione dei tre dall'Italia, al termine dell'espiazione della pena, e il pagamento di 300 mila euro di provvisionale alla presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero degli Interni che si erano costituiti parte civile.
Secondo l'accusa, sostenuta dal pm Federico Manotti, l'organizzazione diffondeva materiale jihadista e instradava
combattenti dal Nord Africa in territorio siriano e in Libia per conto dello Stato Islamico (Daesh). Sakher, secondo quanto accertato, era in contatto con una cellula europea ed era pronto a compiere un attentato. Il maggiore dei fratelli egiziani, ex macellaio in cassa integrazione, era stato arrestato a Cassano D'Adda (Milano) e secondo l'accusa sarebbe stato il reclutatore mentre il secondo faceva il pizzaiolo a Finale Ligure (Savona).
Il terzo egiziano, che viveva a Borghetto Santo Spirito (Savona) era stato arrestato il 4 novembre alla stazione Principe di Genova mentre tornava da un viaggio nel suo paese.
Nel telefonino di Sakher i militari avevano trovato scene di sgozzamenti, prigionieri uccisi, bambini soldati, le foto dei
membri del commando responsabile degli attentati di un anno fa a Parigi, ma soprattutto il giuramento di fedeltà all'Isis, da recitare prima di ogni assalto. Ma erano state in particolare le chat sulla piattaforma Telegram a destare la massima allerta. L'uomo aveva scritto ad altri fondamentalisti, in contatto con i responsabili degli attentati in Europa, che si voleva immolare per Allah. Il fratello di Sakher, Redouane, 40 anni, lo scorso ottobre era stato espulso dall'Italia dopo che una inchiesta della procura di Brescia aveva scoperto che era pronto a compiere attentati.
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