I destinatari della misura sono i componenti più noti della famiglia. In particolare Filippo e Giuseppe, sono stati condannati all'ergastolo come responsabili delle stragi di Capaci e via D'Amelio in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme agli agenti di scorta, mentre Benedetto e Nunzia hanno scontato pene detentive in carcere per associazione mafiosa.
Le indagini, svolte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, hanno permesso di evidenziare l'infiltrazione della criminalità organizzata nella la gestione di attività operanti nei settori delle scommesse, della ristorazione, della rivendita di tabacchi e della vendita al dettaglio di carburante. Proprio in quest'ultimo settore i fratelli Graviano avevano investito ingenti capitali, acquisendo, sin dai primi anni '90, aree di servizio di rilevanti dimensioni nei pressi dell'ingresso autostradale del capoluogo siciliano.
Gli accertamenti svolti dal Gico hanno dimostrato una ingente sperequazione fra redditi leciti, patrimoni accumulati ed investimenti effettuati anche attraverso alcuni prestanome.
Tra i beni confiscati a Benedetto, Filippo e Giuseppe Graviano figurano tre distributori di carburante; due ditte individuali, tra cui una rivendita di tabacchi e un parcheggio; e dieci immobili tra villini, appartamenti e terreni.
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