«Prendiamo atto con rispetto della sentenza della Consulta - osserva il governatore Luca Zaia - però nella nostra legge non vedo nulla di oltraggioso, ma contenuti di buon senso. Mi spiace che, troppo spesso, quando si fa qualcosa per la gente che risiede nei territori scatti, quasi in automatico, un'ingiusta accusa di razzismo, perché così non è».
L'esponente leghista, che guida la giunta veneta, non ci sta, insomma, ad essere tacciato di razzismo e porta un esempio concreto: «Mettiamo che ci si trovi in una situazione di posti in esaurimento in un asilo, una sorta di overbooking. A parità di reddito Isee, e quindi di fronte a una uguale situazione di difficoltà, cosa è più equo fare? Scegliere un residente da anni o uno appena arrivato?». Ma è proprio questo criterio che la sentenza 107, depositata oggi, relatrice la giudice Daria de Pretis, ha messo in discussione e bocciato, sulla scorta di un ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio.
Il parametro adottato, infatti, «fissa un titolo di precedenza a favore di un'ampia categoria di persone e produce così effetti sostanzialmente escludenti dei soggetti non radicati in Veneto».
Inoltre «prescinde totalmente dal fattore economico», perché non c'è alcuna «ragionevole correlazione» tra la residenza prolungata in Veneto e le situazioni di bisogno o di disagio; anche «lo scopo dei servizi sociali di garantire pari opportunità e di evitare discriminazioni», che per i nido si traduce nella possibilità per i «genitori (in particolare alle madri) privi di adeguati mezzi economici di svolgere un'attività lavorativa», viene contraddetto. Secondo i giudici, la norma contrasta inoltre con la funzione educativa a vantaggio dei bambini dell'asilo nido e con quella socio-assistenziale a vantaggio dei genitori privi dei mezzi economici per pagare l'asilo privato.
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