Quei divieti ignorati dalla nave dell'Ong: ipotizzata l'associazione a delinquere

Quei divieti ignorati dalla nave dell'Ong: ipotizzata l'associazione a delinquere
di VAlentina Errante e Sara Menafra
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Martedì 20 Marzo 2018, 08:17
L'associazione per delinquere ipotizzata dalla procura di Catania per l'Ong e il sequestro della Open arms sono solo l'ultimo atto. L'offensiva dei pm siciliani era partita la scorsa primavera, a ridosso dell'allarme Frontex sulla presenza delle associazioni non governative nel Mediterraneo e con la sterzata politica, che ha imposto alle Ong il nuovo codice voluto dal ministro Marco Minniti. Quello che secondo il procuratore Carmelo Zuccaro è stato violato lo scorso 15 marzo nelle acque libiche. Un linea sulla quale di certo il futuro governo, qualunque sia la sua natura, non arretrerà. La promessa è quella della fermezza in materia di immigrazione e sbarchi, anche se è soprattutto Matteo Salvini ad esultare per il sequestro della nave spagnola. Sul decreto di sequestro, il gip si pronuncerà nei prossimi dieci giorni, anche se la vicenda ha già causato proteste in particolare dal sindaco di Barcellona, dove Proactiva ha sede, e da Amnesty international.

LA RICOSTRUZIONE
Il documento, firmato dal pm Fabio Regolo, ricostruisce i due giorni di tensione tra la nave e le autorità italiane e come l'imbarcazione abbia «agito con l'unico scopo di approdare in Italia», nonostante avesse già attraccato a Malta e Roma le avesse intimato di coordinarsi con Madrid. Quattro no, violati dalla Ong. Tutto comincia nella tarda mattinata di giovedì, quando il comandante della nave Proactiva, Marc Reig, e la capo missione, Ani Montes, decidono di dirigersi verso il luogo del naufragio «numero 164». Secondo il pm, lo fanno «adducendo come scusa» di aver perso il contatto con i loro gommoni 20 miglia più avanti. Dicono a verbale i marinai che la nave «continuava la navigazione al fine di ricercare l'evento contraddistinto n. 167 e solo lungo la rotta si era imbattuta in altri due eventi, i 164 e 166 di competenza della Guardia Costiera libica». La Open Arms viene raggiunta da una motovedetta libica che, dicono i cooperanti, cerca di impedire il salvataggio. Due ore dopo iniziano le prime tensioni con Roma: «alle 19.30, in acque ancora internazionali, Open Arms chiedeva il cosiddetto POS (permesso operazioni di sbarco ndr) all'Mrcc di Roma», ovvero al centro di coordinamento della Marina. Roma replica che visto che il coordinamento è libico, «avrebbero dovuto richiedere il pos allo stato di bandiera della loro nave, ovvero la Spagna». Il no di Roma viene comunicato anche al presidente della ong, Gerard Canals, ma la navigazione prosegue sempre «verso nord». Sono le 7.30 del mattino successivo, quando il medico di bordo dice che il neonato gravemente disidratato soccorso il giorno prima va sbarcato immediatamente. La nave arriva a Malta alle 9.20, le autorità locali chiedono le «intenzioni», ma il comandante decide di rifare rotta verso l'Italia e qui cominciano le ore decisive: alle 14.30 Open arms si dirige verso l'Italia che rifiuta il permesso all'attracco. «Alle ore 16.06, avveniva una teleconferenza per il tramite di Mrcc di Roma tra quel centro, Madrid ed il comandante della nave, il quale rifiutava di chiedere un pos a Malta». Solo in serata, si saprà poi, anche per la mediazione del ministro Minniti, alla nave sarà permesso di sbarcare.
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