Il flop sui migranti/Se in Europa perde ancora la ragione

di Carlo Nordio
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Giovedì 20 Settembre 2018, 00:05
Com’era prevedibile, la riunione di Salisburgo si sta orientando verso un nulla di fatto. La stessa affermazione del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, che l’immigrazione non deve essere strumentalizzata a fini di lotte politiche, sembra suonare come un velato rimprovero a chi cerca di cambiare le cose. Al netto delle usuali dichiarazioni programmatiche, l’Italia sarà dunque, ancora una volta, lasciata sola. È facile capire cosa accadrà nell’immediato futuro. Le anime belle, esaurite le polveri contro Orban, se la prenderanno con noi; quelle più pure diranno che abbiamo tradito lo spirito dell’Europa, e ne stiamo minando l’unità. Quest’ultima affermazione è in parte vera. Ma la prima è radicalmente falsa.

L’Europa di oggi non ha infatti niente a che vedere con quella immaginata dai padri fondatori, ma ne è soltanto una vaga e grottesca caricatura. De Gasperi, Schuman e Adenauer, che avevano assistito alla dissacrazione dei valori occidentali in due guerre fratricide, avevano auspicato una comunità ideale che assumesse forma politica. 
Un’entità fondata sui principi greco-romani e soprattutto giudaico-cristiani: quelle fonti che, integrate dall’illuminismo, avevano consentito a questo Continente di raggiungere grandi risultati nell’arte, nella filosofia, nella letteratura, nelle scienze e più in generale nello svolgimento dello Spirito.

Tutti campi in cui sono stati conquistati vertici mai raggiunti, e forse mai più raggiungibili nella storia dell’umanità. Non erano né bigotti né utopisti, avevano patito le dittature e la miseria, conoscevano l’importanza dell’economia e i pericoli della speculazione e della finanza allegra. Ma sapevano altresì che, a differenza del pensiero materialista, quello umanista antepone alla correttezza dei bilanci consolidati il consolidamento dei concetti sottostanti, senza i quali una casa regge un tetto pericolante sopra fondamenta precarie. 
Ed è proprio questo che è accaduto all’Europa. Quando non si è riusciti a darle una Costituzione; quando il laicismo degli stenterelli si è rifiutato di inserire nel preambolo il riferimento alla tradizione cristiana; quando non si è data alla creatura un’unità legislativa, operativa, giudiziaria e fiscale; quando insomma ci si è limitati a introdurre, come unico elemento unificante, una moneta cui molti Stati erano peraltro impreparati, allora si è capito che il bambino nasceva malaticcio e storto, e senza una formidabile cura ricostituente si sarebbe presto ammalato. La cura non è arrivata e il morbo si è diffuso, aggravato da egoismi ipocritamente travestiti da esuberante europeismo. I primi sintomi si son visti con le varie crisi dell’euro nelle nazioni più deboli. 
Oggi i nodi vengono al pettine sull’elemento fondamentale, che è la sicurezza. Perché un paese può vivere, o almeno sopravvivere, anche con un’economia disastrata, e persino senza libertà, come avvenne per i regimi comunisti e nazifascisti; ma non può sopravvivere senza sicurezza. E quando questa paura ha cominciato a serpeggiare e a diffondersi, l’Europa ha cominciato a frantumarsi. Non hanno cominciato né Orban né Salvini. Hanno cominciato i democraticissimi paesi baltici, Danimarca in testa , seguiti a ruota dai francesi con le vergogne, quelle sì davvero inumane, di Calais e di Ventimiglia. Poi sono arrivati gli austriaci, e poi i polacchi, e via via tutti gli altri. 
Nessuno in realtà ha agito per nazionalismo sovranista. Ha agito solo perché il proprio elettorato aveva paura. Non paura dei neri o dei musulmani, ma delle centinaia di migliaia di disperati senza lavoro, senza soldi e senza nulla che sarebbero stati inevitabilmente destinati a finire tra le strade, nei ghetti, e nelle periferie, alimentando prostituzione, droga e microcriminalità. Parigi e Londra ospitano da decenni persone di ogni etnìa e confessione religiosa. Se adesso si manifestano insofferenze e disordini non è per il colore della pelle dei migranti, ma perché molti cittadini sono esasperati da un’invasione che alimenta le loro paure. 

Cosa c’entra questo con il tradimento degli originari ideali europei ? C’entra perché l’Europa di De Gasperi e di Schuman avrebbe sin dall’inizio affrontato questo problema con un indirizzo unitario, con risoluzioni condivise e attuazioni concrete e programmate, senza scaricare le difficoltà sulle spalle degli stati rivieraschi appellandosi alle formalità di accordi stipulati tra ambiguità e riserve mentali. Avrebbe applicato a questi ultimi il criterio della buona fede, che nel diritto internazionale ha valore vincolante. Avrebbe sostenuto, se necessario anche davanti alle Nazioni Unite, che la legge del mare non prevede i naufragi programmati, e che non si può confondere il soccorso umanitario con l’alimentazione di una criminalità che specula sulle disgrazie altrui. 
Avrebbe, in sostanza, invocato la Ragione, che ora è soffocata da una pedante e ipocrita burocrazia, senza cervello per comprendere, senza cuore per decidere, e senza braccio per operare.

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