L’altro giorno, però, si è reso protagonista di un episodio di rilievo. Per commemorare il 75° anniversario dell’appello del 18 giugno 1940 da Londra, con cui Charles de Gaulle, il generale della France libre, invitava i suoi connazionali a ribellarsi contro la sconfitta subita dai tedeschi, e resistere ai nazisti che avevano occupato Parigi, Macron è andato al Mont Valérien, sacrario della Resistenza, dove era atteso da una folla di giovanissimi.
A un certo punto, un tipetto zazzeruto, cercando di stringerli la mano gli ha detto senza preamboli: «Ça va Manu?». Mal gliene incolse. Il presidente, all’indebita confidenza del vezzeggiativo che presuppone il “tu”, l’ha raggelato con gli occhi e davanti alle telecamere gli ha inflitto una lezioncina fulminante: «No, no, no» ha risposto alzando il ditino al poveretto che avrà avuto sì e no quindici anni: «Qui sei a una cerimonia ufficiale e ti comporti bene. Puoi anche fare l’imbecille, ma oggi c’è la Marsigliese e i canti dei partigiani e tu mi chiami Signor Presidente o Signore. D’accordo?».
Poi, lasciando il liceale basito, ha continuato con un buffetto sul braccio: «E fai le cose in ordine. Se un giorno vuoi fare la rivoluzione, prima impari a prenderti un diploma e a comportarti bene e poi potrai dare lezione agli altri. Va bene?», ha insistito il presidente, continuando a stringere le mani dei liceali oltre le transenne, mentre lo zazzeruto stava per svenire dalla vergogna.
Giusto rimettere i puntini sulle “i”. Senza giri di parole, ha liquidato con un gesto solo la morale sessantottina e gli ultimi suoi cascami. Porre fine all’indulgenza, mettere un freno al lassismo, censurare la ricerca di una familiarità a tutti i costi in nome dell’eguaglianza, del giovanilismo spontaneista, del pari son e del pari siamo, è una scelta obbligata per chi vuole ripristinare il rispetto verso le istituzioni e sa bene che senza un minimo di autorità le istituzioni vanno a rotoli, calpestate dal discredito generale. Sarebbe stato bello se la lezioncina francese fosse uscita di bocca ai nostri politici, alfieri del cambiamento.
Ma la rivolta anti casta e la mobilitazione permanente delle piazza forse la rendono impraticabile. Sarebbe bello che almeno la nuova politica ci provasse.
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