I nemici in casa/Una nuova frontiera della paura

di Andrea Margelletti
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Mercoledì 20 Luglio 2016, 00:05
Il massacro di Nizza e il terribile incidente di Wurzburg, pur nella loro profonda diversità, rappresentano la drammatica manifestazione di un fenomeno eterogeneo ma unitario, la nascita di una frontiera del terrore che si estende ben oltre i confini geografici del Califfato di al-Baghdadi e che riesce a distendere i propri tentacoli ben al di là delle strutture ufficiali, delle cellule organizzate o delle affiliazioni individuali.
Tale dilatazione, fluidità e flessibilità costituiscono le principali differenze tra il terrorismo di vecchia generazione, quello elitario e mecenatista della prima al-Qaeda, e il terrorismo di nuova generazione, quello mediatico, trasversale e poliedrico dello Stato islamico.

Infatti, oltre alla creazione di uno Stato perfettamente funzionante, con tanto di sistema economico, capitale, burocrazia e welfare, il vero successo strategico di Daesh è stato quello di superare i limiti della semplice organizzazione per diventare ideologia, sistema valoriale, simbologia identitaria, risposta esistenziale. Centinaia di migliaia di persone possono entrare a far parte dell’Esercito dello Stato islamico in Siria e Iraq.


Migliaia di giovani europei possono decidere di diventare foreign fighters e combattere il proprio jihad in Medio Oriente, decine di movimenti e milizie possono decidere di giurare fedeltà al Califfo e marchiare le proprie insurrezioni con il vessillo nero della Guerra Santa. 

Per quanto altamente pericolosi, questi sono fenomeni in qualche modo controllabili, monitorabili, analizzabili, contrastabili e, per certi aspetti, anche prevenibili. Tuttavia, Nizza e Wurzburg aprono nuovi e inquietanti scenari sui meccanismi e sulle oscure potenzialità del processo di radicalizzazione jihadista. Oltre al pesante giogo costituito dall’emarginazione sociale, delle difficoltà economiche e dalla labirintite identitaria in cui vessano alcune sacche della popolazione islamica europea, oggi il jihadismo ha imparato a sfruttare il disagio individuale, la fragilità emotiva e le patologie psichiche che attanagliano le menti più fragili. La forza del messaggio estremista è diventata così incisiva e permeante da oltrepassare la semplice dimensione politica e diventare quasi un mantra purificatorio per far dimenticare le brutture della propria esistenza e mondarsi dai peccati. 

In questo modo, esiste il rischio che qualsiasi individuo debole, solo e disperato veda nel martirio jihadista la via maestra per riscattare una vita dissoluta, per ottenere il presunto perdono divino e per trovare, in paradiso, quella felicità e quel riconoscimento sfuggiti sulla terra. Questa enorme e subdola trappola mistificatoria riesce a superare le barriere geografiche e di razza e, soprattutto, appare completamente indipendente dalle dinamiche e dalle fortune del Califfato. 
 
Per compiere stragi come quelle di Nizza non è servito alcun addestramento militare, né alcuna esperienza diretta in Siria, Iraq, Libia o Tunisia. La radicalizzazione non è avvenuta tramite le infiammate oratorie di un imam salafita, né attraverso la lettura del Corano, bensì mediante qualche blog o qualche video scovato in rete. Qui siamo di fronte a disperazione e odio allo stato puro, l’ideologia è soltanto un illusorio e inconsistente velo di Maya. Qui il martirio non è né un atto di fede né un atto politico, ma uno sfogo violento puro e semplice. Qui l’attacco terroristico è la pugnalata non verso un complesso sistema valoriale, ma verso un mondo iniquo che ha inflitto sofferenza. 
Il Califfato non fa altro che attribuirsi responsabilità e meriti che, forse, ha soltanto in minima parte. Lo fa per metterci davanti alle nostre paure, per sfruttare il terrore che, inevitabilmente, avvolge la nostra quotidianità e mina le nostre certezze. Lo fa come una belva ferita che, sentendo vicina la fine, cerca di ruggire più forte per nascondere il proprio deperimento.
Il nostro Mondo deve essere consapevole di questa debolezza e non cedere né alla paura né all’odio né al pregiudizio, bensì proseguire nella difesa dei propri valori, nella fermezza del proprio impegno contro il terrorismo e nella tutela di quelle libertà che il popolo europeo, e non solo il popolo francese, festeggiava durante la notte di sangue di Nizza.
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