L'AZIONE
«Perseguiteremo dappertutto i terroristi e quando li scoveremo li butteremo dritti nella tazza del cesso». Questa la sua filosofia. Ma il contrasto al terrorismo islamico, un incubo destabilizzante per la Federazione russa, avrebbe portato sia alla vittoria in Cecenia, sia alla decisione di fare la guerra all'Isis in Siria.
Un merito, aver contribuito a sbaragliare le bande nere del Califfo, riconosciuto nonostante le polemiche sugli effetti collaterali sui civili dei raid al fianco di Assad contro le enclave ribelli. Nei suoi discorsi, sempre, l'interesse nazionale russo al primo posto, il sovranismo fondato sui valori culturali e religiosi della tradizione russa contro globalizzazione. La forza morale come contrappeso della fragilità economica post-sovietica. Altra guerra vinta, contro le oligarchie che avevano approfittato dell'implosione dell'URSS per creare immense ricchezze personali attraverso il mercato dell'energia. Risorse e poteri oggi controllati dalla nomenklatura della sicurezza, i siloviki. L'espansione della Nato e la percezione di un accerchiamento della Russia culminato con la crisi ucraina (ricorreva ieri l'annessione della Crimea alla Russia nel 2014) ha convinto Putin ad abbandonare il sogno di una transizione democratica all'occidentale, a vantaggio di una rinascita dell'anima russa attorno a un capo fortificato dal consenso del popolo. Con un Pil inferiore a quello dell'Italia, la Russia di Putin è una vera potenza, in Medio Oriente e nel confronto coi vicini europei e asiatici, grazie pure all'asse con la Cina e alle astuzie della guerra ibrida, quella «strategia militare caratterizzata da grande flessibilità che unisce la guerra convenzionale, la guerra irregolare e la guerra fatta di azioni di attacco e sabotaggio cibernetico».
I RAPPORTI
Con gli Stati Uniti il braccio di ferro verte sulla supremazia digitale, mentre le sirene della tradizione eurasiatica, argine al proselitismo terroristico dell'Islam, seducono i movimenti populisti in Europa. La crisi delle spie con la Gran Bretagna e l'inevitabile duello muscolare con l'America di Trump dopo quello con Obama, non hanno intaccato il potere di Putin, anzi lo hanno moltiplicato.
E adesso che la sua guida è prolungata al 2024, lo Zar può cercare di consegnare ai posteri il ricordo di un leader che non solo avrà riscattato la Russia dalle frustrazioni dell'era post-sovietica, ma lavorato per il primato tecnologico e il rilancio industriale e economico. E allora torniamo al seggio all'Accademia delle Scienze dove Putin ha votato ieri. Simbolo delle ambizioni di rinascita, innovazione e benessere senza però tradire i «valori eterni» dell'ideologo Iliyn: «Fede, amore, libertà, coscienza, famiglia, patria e nazione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA