Ncd addio, Alfano lancia Alternativa popolare: primarie per la leadership

Ncd addio, Alfano lancia Alternativa popolare: primarie per la leadership
di Claudio Marincola
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Sabato 18 Marzo 2017, 16:42 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 12:17
ROMA Un cuore giallo stilizzato su sfondo blu: Angelino Alfano presenta il logo di Alternativa popolare, la nuova creatura nata dalle ceneri dell'Ncd. Vuol farne la casa dei moderati, cambiare nome, cambiare pelle, «senza rinunciare ai propri valori». Rivendica il merito di aver «salvato la legislatura», propone le primarie per scegliere chi guiderà il raggruppamento. E' una zattera offerta anche a chi non vuol non finire tra le braccia di Salvini, un progetto che guarda al dopo-Berlusconi per presidiare un'area molto affollata. Si va dai Centristi per l'Europa di Casini e D'Alia ai fittiani, a Quagliariello, a Stefano Parisi. «Volevamo costruire un centrodestra, normale missione impossibile». Le alleanze? Per Alfano non sono un problema, «con questo sistema elettorale saranno gli altri a cercarci», dice, con l'aria di chi ne ha già viste tante. Alle prossime amministrative? «Decideranno i territori caso per caso». Alle nazionali? «Andremo da soli». La prospettiva è questa: «Il metodo che noi proponiamo è uniamoci e poi sia il popolo con delle primarie a scegliere il leader di un raggruppamento liberal-popolare».

LA GIORNATA
Il battesimo è al centro congressi di via Alibert, a un passo da Trinità dei Monti. Delegati venuti da tutta Italia, a parte i siciliani bloccati dalle eruzioni dell'Etna. L'atmosfera è quella dei grandi annunci con i big schierati nelle prime file. E c'è il notaio per certificare l'atto costitutivo, i cambiamenti dello statuto approvati all'unanimità. E' il vento dei moderati quello che si alza. E qualche segnale di apertura arriva. Per D'Alia, ad esempio, «è un passo avanti verso i popolari». Il passaggio insomma è indolore. «Abbiamo dato a nostro figlio il nome di nostro padre, il popolarismo», prova a dare radici al suo Movimento Alfano. E ricorda i momenti cruciali, «quando abbiamo fondato l'Ncd in un momento particolare della storia italiana, senza un euro di finanziamento pubblico; detto di sì alla tutela patrimoniale delle coppie dello stesso genere ma ribadito che quella cosa lì non dà diritto alle adozioni». «Con la penna da ministro ricorda poi il leader centrista - ho chiesto ai prefetti di cancellare le nozze gay contratte all'estero e registrate dei comuni italiani. Uno di questi sindaci ha fondato un partito e ora dice mai con Alfano. E lo capisco... si chiama Pisapia».

Cita Vasco Rossi. Non nomina Matteo Renzi, neanche per sbaglio. Mentre parla viene interrotto da Enrico Lucci, inviato delle Iene che tenta un blitz. «Chiedo rispetto», lo brucia con uno sguardo l'attuale titolare della Farnesina Dalla platea una signora gli urla: «Bravo!». E lui: «Eh, lo so, ma non c'è bisogno, già così faccio fatica a frenarmi con l'autostima». Formigoni, Lupi, Adornato, i ministri Lorenzin e Costa, si spellano le mani. In platea c'è anche Dario Antoniozzi, ex ministro dc, 94 anni.

NUOVO PATTO
La tesi è che se il Pd vira a sinistra e nel centrodestra ormai comandano i lepenisti, al centro «si apre una prateria». Alfano vuole dare un'alternativa al Pd, «a chi urla, ai vaffa, a chi ha in mente solo la ruspa o agita gli odii sociali come surrogato alla lotta di classe». Il nuovo simbolo è stato testato nel 2014 alle elezioni calabresi. Mise insieme un lusinghiero 9%. Il programma è scritto: stipendi più alti per i dipendenti pubblici («basta con la retorica dei fannulloni»), che vuol dire più potere d'acquisto per il ceto medio impoverito dalla crisi. Un nuovo patto con gli industriali per dare lavoro ai giovani. Fisco all'americana per ridurre l'evasione incentivare i consumi, rilancio dell'edilizia. Niente Imu e Ici.

Il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin attacca le regioni per le liste d'attesa che non funzionano: «Possiamo permetterci di togliere i ticket ma va rivisto il sistema del welfare e modificato il titolo V della Costituzione».
Il più applaudito alla fine però è Fabrizio Cicchitto che rivendica il voto del Senato e il salvataggio in extremis di Minzolini
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