Camere, telefonata Di Maio-Salvini: ora avviamo il Parlamento. Ma su M5S la Lega si spacca

Camere, telefonata Di Maio-Salvini: ora avviamo il Parlamento. Ma su M5S la Lega si spacca
di Emilio Pucci
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Lunedì 19 Marzo 2018, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 14:35

Far partire il Parlamento, renderlo subito operativo. L'asse Lega-M5s regge, certificato da una comunanza di intenti dopo la telefonata Di Maio-Salvini. Il candidato premier del Movimento 5 stelle ha sentito anche Martina, Grasso, Meloni e Brunetta, spiega di aver riscontrato «disponibilità da parte di tutti per individuare le personalità che possano ricoprire al meglio un ruolo fondamentale per il funzionamento di un Parlamento che sia al servizio dei cittadini».

LA VERA PARTITA
La rivendicazione resta sempre lo scranno di Montecitorio e la premessa è che la partita sul governo è un'altra cosa. Sulla stessa lunghezza d'onda la Lega che continua a sostenere che sulle presidenze delle Camere occorre «rispettare il voto degli italiani». Non si parla ancora di nomi: «Stiamo ragionando su alcune ipotesi», afferma il leader del Carroccio. Che però si spinge oltre: un governo anche con i grillini? «Nulla è impossibile, si parte dai programmi».

Oggi Berlusconi sentirà Salvini, già domani ci dovrebbe essere un confronto tra i capigruppo del centrodestra ma al momento FI continua ad essere spiazzata e fuori dalle trattative portate avanti dal giovane Matteo. In realtà il segretario del partito di via Bellerio non ha chiuso ufficialmente la porta al partito azzurro sulla guida di palazzo Madama, ma il timore è che possa cavalcare il veto M5S su Romani. Mentre Giorgia Meloni avverte: «La presidenza della Camera a un esponente 5Stelle non è un atto dovuto».L e geometrie non sono ancora definite, FI punta su Giorgetti per la Camera e sul Senato ha intenzione di far pesare i numeri, intende stringere un accordo con il Pd sulle vicepresidenze e sulla guida dell'ufficio di presidenza che - viene fatto notare saranno importanti anche sui temi come il taglio dei vitalizi.

Il Cavaliere sospetta sempre che il suo alleato voglia tornare alle urne ma con i suoi predica calma: «Salvini confida ai fedelissimi - sarà più ragionevole quando capirà di non potersi fidare dei Cinque stelle e quando si confronterà con il Capo dello Stato». Ma Salvini ormai ragiona apertamente sulla possibilità di trovare un'intesa con Di Maio su temi quali la cancellazione della legge Fornero, la riforma della scuola, sul rapporto con l'Europa e sulla giustizia. «Se qualcuno sottolinea - mi aiuta a far ripartire il mondo del lavoro sono disponibile a ragionare con tutti. Vado in Parlamento e ci metto la faccia. Vediamo chi ci sta». Distanze invece sul reddito di cittadinanza, ma «ci sono tanti punti in comune, c'è una base di partenza. Difficilmente potrei andare a governare con Renzi e Boschi. Per serietà è un no». «Si parte dall'alleanza di centrodestra», promette, ma porta sbarrata al piano di Berlusconi di aprire al Pd e alla prospettiva indicata anche da Maroni che ieri ha parlato di larghe intese: un esecutivo così «garantirebbe il parere dell'ex presidente della Lombardia - la compattezza del centrodestra e potrebbe durare un anno per una legge elettorale fatta bene. C'è già la data: il 26 maggio 2019, quella prevista per le europee».
L'ex governatore, dal Cavaliere considerato una riserva da spendere per coinvolgere i dem, dà un consiglio a Salvini («valuti i tempi giusti per la sua leadership») e avverte: tenere fuori FI metterebbe in crisi «i governi regionali e locali», un governo Lega-Movimento 5 Stelle sarebbe insomma una missione «impossibile»: meglio, scandisce, le larghe intese.

L'alt di Salvini ad ipotesi di grande coalizione è però altrettanto netto: «Spero che il Pd dia una mano a far ripartire questo Paese», ma no a governi con tutti dentro o a esecutivi di un anno «per tirare a campare», meglio evitare le urne ma senza un governo vero «io non ci sto ad andare a palazzo Chigi a tutti i costi». Il leader del Carroccio non crede neanche alla tesi di un accordo M5S-Pd: «Se io vado all'opposizione ne risponderebbero agli italiani». Martina intanto ha già chiuso la fase dell'Aventino, «per il bene delle istituzioni è doveroso un confronto tra tutte le forze parlamentari». Per le presidenze delle Camere «bisogna individuare figure autorevoli e di garanzia», dice anche Grasso.

 

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