Oltre gli insulti/ Roma-Berlino una partita da raddrizzare

di Mario Ajello
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Domenica 27 Maggio 2018, 00:01
Lo schema Panzer-Division contro Italietta, oltre ad essere una caricatura, è quello che fa male sia a loro sia a noi. Soprattutto, è ingiusto nei nostri confronti. Perché si nutre tra l’altro di stereotipi e di pregiudizi. Come quelli rilanciati dallo Spiegel sugli «italiani scrocconi» (ma allora noi se accettassimo questo livello di scontro dovremmo citare Tacito che considerava i tedeschi ubriachi e pigri?), a cui il nostro ambasciatore a Berlino ha opportunamente reagito con la sua lettera. 

Il nocciolo della questione è che, a prescindere da qualche dichiarazione fuori dalle righe del professor Savona, di professor Savona in Italia ce ne sono tanti. Ossia è diffusa, trasversale e verrebbe da dire interclassista, la consapevolezza che se non ci sarà un radicale riequilibrio dei rapporti di forza all’interno dell’Ue, e non si riconoscerà pari dignità alle diverse esigenze degli Stati che ne fanno parte, all’«Europa germanica» non subentrerà una «Germania europea» (e le virgolette risalgono a Thomas Mann). E verrà perpetuata quella egemonia tedesca, a tutto svantaggio degli interessi dell’Italia e di quelli di altri, che forse è anche improprio chiamare egemonia in quanto si tratta di una leadership esercitata finora senza generosità e più con lo schema ideologico del rigore che con la lungimiranza della politica. 

Porsi questo tipo di questioni non significa voler uscire dall’euro e dall’Europa, o ribaltare il mondo. E non può essere considerato un tabù, quando invece è una necessità, quello di applicare la ragion critica - non per nulla siamo europei - nei confronti di una situazione sbilanciata in favore della Germania. Uno sbilanciamento dovuto a un senso di superiorità non fondato da parte dei tedeschi, ma in primo luogo prodotto da un sistema di regole nella costruzione dell’Europa che ha avvantaggiato alcuni a discapito di altri. E così si vorrebbe continuare. Invece, no: come dimostrano anche le aperture di credito appena arrivate da parte di Macron, o dell’americano trumpista Bannon, per non dire di Putin. Non è più proponibile insomma la ricetta così sintetizzata da un premio Nobel, l’economista Paul Krugman: «Nel medioevo, i malati venivano curati con i salassi, che a loro volta facevano ammalare ancora di più il paziente. Quando il sanguinamento li faceva stare peggio, li salassavano ancora di più». 
Possiamo discutere se prenderlo di sguincio o di petto. Ma è evidente a tutti che è un problema quello della difesa dell’interesse italiano, e del confronto sull’impianto della Ue che ha dato alla Germania un predominio finora intoccabile. Una persona non tacciabile di anti-europeismo, e che è stato presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, e non un qualsiasi Varufakis, ha più volte criticato l’impianto tedesco. Fino a usare parole molto dure, come queste: «A Bruxelles, negli ultimi anni, ha comandato un solo Paese, la Germania si è perfino permessa di dare a noi e agli altri lezioni di morale, inaccettabili». 

Non ha senso, adesso, rinfacciarsi le solite cose. L’eccidio di Cefalonia, o le stragi naziste di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema, di Civitella Val di Chiana e via così, da una parte; e dall’altra, i pregiudizi d’origine luterana o le stroncature di Bismarck («Questi italiani hanno un magnifico appetito, ma pessimi denti»), o la rottura ai tempi della prima guerra mondiale del patto della Triplice con l’Austria-Ungheria e la Germania, o l’8 settembre del ‘43 con il cambio repentino di alleanza e si potrebbe continuare. Invece di attardarsi in questioni remote, e un po’ andanti, occorre misurarsi nella partita in corso. Che non ci può vedere soccombere, perché l’Italia ha lottato con i denti (e ceduto in certe fasi molto: ogni riferimento al governo Monti è puramente non casuale) e ha cercato spazi di autonomia rispetto all’Europa germanizzata (in cui i tedeschi sono stati i primi a sforare i parametri di Maastricht), per dare più ossigeno e più speranza al Paese. Non si può che insistere ancora di più su queste istanze, che poi sono quelle su cui 5 stelle e Lega hanno ricevuto il consenso dei cittadini, indicando, denunciando e applicandosi alle storture che gravano sul corpo dell’Europa. Un fisico si curva e si contorce, se porta sulle spalle pesi squilibrati. Battersi per raddrizzarlo non è populismo né sciovinismo né nazionalismo. E’ invece una terapia e una sfida. E guai a farsi annichilire dagli attacchi prevenuti e preventivi.
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